E’ arrivata verso le 20 di venerdì l’ufficialità della vittoria del candidato laburista Sadiq Khan alle elezioni a sindaco di Londra, con il 44% dei voti contro il 35% del rivale conservatore Zac Goldsmith, una vittoria storica perché Khan, 45 anni, di origine pachistana, è il primo sindaco musulmano nella storia della capitale inglese e il primo di una capitale dei 28 Stati dell’Unione Europea. Avvocato per i diritti umani, figlio di un autista di autobus e di una sarta, il nuovo primo cittadino di Londra ha vissuto per anni in un alloggio popolare, arrangiandosi con piccoli lavoretti, molti sacrifici e una carriera in salita, ed è noto anche per aver votato, da parlamentare, a favore della legge sul matrimonio omosessuale, fatto che gli ha attirato diverse minacce di morte.
Secondo la stampa britannica, Khan è riuscito anche a capire i desideri dei quasi nove milioni di abitanti londinesi, proponendo ad esempio lo stop all’aumento del costo del trasporto pubblico con un biglietto della durata di un’ora sugli autobus, schierandosi a favore dell’ambientalismo, anche se in misura minore del suo rivale Goldsmith, dicendosi attento al business, che a Londra va difeso anche dal rischio della “Brexit”, promettendo più edilizia sociale per tutti, in una città dove i prezzi delle case sono altissimi, e annunciando di voler combattere il terrorismo e ogni tipo di estremismo. Il leader laburista Jeremy Corbyn si è congratulato con Khan scrivendo su Twitter: “Non vedo di collaborare con te per una Londra più giusta per tutti” e utilizzando l’hashtag “YesWeKhan“, che riprende lo slogan “Yes We Can” adoperato da Barack Obama nella sua campagna elettorale.
La straordinaria vittoria della capitale, però, contrasta non poco con i risultati del suo partito nel resto della Gran Bretagna, visto che in Scozia sarebbe arrivato addirittura terzo, dietro gli indipendentisti dell’Snp e i Tories, e avrebbe perso terreno in Galles, pur andando meglio del previsto in Inghilterra, dove avrebbe mantenuto i più importanti consigli comunali. Corbyn ha annunciato comunque che non si dimetterà, a dispetto della tradizione per cui i leader britannici si assumono direttamente la responsabilità delle sconfitte, ed ha anzi dichiarato: “Nonostante le previsioni negative abbiamo retto in Inghilterra” e “il risultato del Galles è stato eccellente”, ma ha ammesso la sconfitta in Scozia, dove, ha aggiunto, “c’è molto lavoro da fare” per recuperare consenso. La sua leadership del Labour, che ha conquistato trionfando nelle primarie a settembre, è sempre stata considerata piuttosto “radicale” ed ora appare compromessa, ma il partito, probabilmente, ha risentito proprio delle sue divisioni interne, nonché di alcune recenti accuse di antisemitismo.
Il premier britannico David Cameron ha definito “straordinario” il risultato della Scozia, dove il suo partito, i Tories (Conservatori) sono arrivati secondi dietro gli indipendentisti dell’Snp ma, per la prima volta, davanti al Labour, e si è complimentato con l’emergente leader dei Tories scozzesi, Ruth Davidson, twittando: “Complimenti per lo storico risultato”. Altrove, però, non sono tutte rose e fiori per i Tories, che recentemente già avevano subito un notevole calo di popolarità dopo lo scandalo Panama Papers. Cameron ha inoltre punzecchiato l’opposizione, sostenendo che “il Labour ha completamente perso il contatto con i lavoratori” ed è “ossessionato con le cause della sinistra“. Molto buono anche il risultato degli euroscettici dell’Ukip di Nigel Farage, forse il migliore dalle elezioni europee del maggio 2014 ad oggi, e che gli ha permesso, tra l’altro, di conquistare per la prima volta sei seggi nell’Assemblea nazionale del Galles.