Continua il caos in Libia, dove le brigate di Misurata, nel pomeriggio di ieri, hanno riconquistato Sirte, dopo poche ore di combattimenti, sottraendola ai jihadisti dell‘Is e riprendendo le postazioni (radio, uffici pubblici e ospedali) occupate da questi. Si teme però che vi possano essere ancora diversi kamikaze nascosti negli edifici e pronti ad agire. L’aviazione egiziana, supportata da quella libica, ha intanto condotto nella notte tra lunedì e martedì altri sette raid con “decine di morti” contro postazioni dell’Is a Derna, roccaforte jihadista nella Libia orientale, e le forze speciali egiziane, secondo quanto riferito da fonti libiche ed egiziane, hanno effettuato un’incursione terrestre nella città. Al Arabiya ha invece riportato che i miliziani filo-islamici dell’Operazione Alba (Fajr Libya), di fatto al potere a Tripoli, “hanno lanciato raid aerei sull’aeroporto di Zintan“, la città rivale a sud della capitale.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha intanto chiesto al Consiglio di sicurezza dell‘Onu “una risoluzione per un intervento internazionale in Libia“, così come l’ambasciatore egiziano a Roma Amr Hemly, per il quale “il Consiglio di sicurezza deve assumersi le sue responsabilità”. Dall’Onu hanno fatto sapere che il Consiglio di sicurezza si riunirà oggi per una seduta pubblica dedicata alla Libia, durante la quale il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukri riferirà sulla situazione. Il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, che ieri in tarda serata ha parlato al telefono con il segretario di Stato americano John Kerry, ha riferito questa mattina alla Camera, avvertendo che sulla situazione in Libia “il tempo a disposizione non è infinito” e “rischia di esaurirsi molto presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti“.
Gentiloni, che nei giorni scorsi non aveva escluso l’opzione militare, oggi ha precisato: “Chiediamo alla comunità diplomatica di aumentare gli sforzi. Non vogliamo avventure, né crociate, ma l’unica soluzione alla crisi è quella politica e impone un cambio di passo da parte della comunità internazionale“. La linea italiana rimane quella di spingere al dialogo e a un negoziato le due principali fazioni rivali, le milizie filo-islamiche che controllano Tripoli e il Parlamento di Tobruk, eletto a giugno. Il premier Matteo Renzi ha avuto un lungo colloquio telefonico con al Sisi, che, secondo quanto riferito da un comunicato della presidenza egiziana, “ha espresso il proprio apprezzamento per la posizione del primo ministro italiano che ha formulato il sostegno del suo paese all’Egitto e la sua cura a sostenere gli sforzi egiziani e internazionali mirati a combattere il terrorismo“.
Renzi, che lunedì aveva frenato sulla possibilità di un intervento militare, ha tenuto ieri una riunione a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, dell’Interno Angelino Alfano e della Difesa Roberta Pinotti, assieme al sottosegretario Marco Minniti, nel quale si è ribadito l’impegno italiano per una forte azione diplomatica in seno all‘Onu. Francia, Italia, Germania, Spagna , Gran Bretagna e Stati Uniti hanno reso invece una dichiarazione congiunta in cui si afferma che i rispettivi governi “condannano fermamente tutti gli atti di terrrorismo in Libia. L’efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all’Isis, sottolinea ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto“. Nel comunicato si sottolinea inoltre che la formazione di un governo di unità nazionale “costituisce la speranza migliore per i libici“, e la comunità internazionale è pronta a sostenerlo “pienamente”.