L’Agenzia Spaziale Europea ha reso noto che il satellite Envisat è disperso dall’8 aprile scorso, quando i dati erano attesi dalla stazione di Kiruna, in Svezia.
Invano sono state attivate le stazioni di tracciamento in tutto il globo, che non hanno dato alcun risultato, come ha confermato l’ESA stessa in una nota; adesso stanno lavorando alla ricerca un gruppo di specialisti di operazioni e di dinamiche di volo per cercare di ristabilire un contatto con il satellite ma, al momento, Envisat è letteralmente sparito nel nulla.
Se non si riuscissero a ripristinare le comunicazioni con il satellite, sarebbe una perdita gravissima, in quanto i nuovi satelliti non saranno pronti prima del 2013.
Envisat era il più complesso sistema di monitoraggio della Terra, provvisto di 10 strumenti che fornivano informazioni preziose e misurazioni precise sullo stato degli oceani, dei ghiacciai, dell’atmosfera e sui cambiamenti climatici negli ultimi 20 anni; dati che sono stati utilizzati per più di 4 mila progetti in oltre 70 paesi del mondo.
La scoperta della riduzione dei ghiacciai in Antartide, il controllo dello stato del buco dell’ozono, così come tante altre emergenze del genere, sono dati che ci sono pervenuti grazie a questo satellite, la cui perdita andrebbe a rallentare ulteriormente lo studio sui cambiamenti climatici.
Il Direttore ESA dei Programmi di Osservazione della Terra, Volker Liebig, ha dichiarato: “L’interruzione del servizio Envisat mostra che il lancio dei satelliti Sentinel del GMES, che dovranno sostituirlo, diventa urgente“.
Inez Fung – scienziato atmosferico della University of California, Berkeley – su Nature, ha affermato: “Il silenzio di Envisat provoca un altro nodo allo stomaco“.
L’ESA, comunque, sostiene che il satellite Envisat – attivo dall’1 marzo del 2002, nonostante fossero previsti solo 5 anni per la sua missione – sta mantenendo la sua rotta e che risulta semplicemente “invisibile”. Resta da pensare però che, se non riuscissimo più a metterci in contatto con il dispositivo, Envisat andrebbe a far parte di quel gran numero di detriti spaziali che orbitano attorno al nostro pianeta senza scopo e senza meta. Una quantità di rifiuti che ha assunto dimensioni preoccupanti e che potrebbe anche ritornare sulle nostre teste, come è successo ai satelliti Rosat e Uars. Bisognerebbe, dunque, cercare di trovare una soluzione anche per i rifiuti che invadono il nostro Universo, sempre per “merito” nostro.