Trending
{"ticker_effect":"slide-h","autoplay":"true","speed":3000,"font_style":"normal"}
Il Giappone torna ad eseguire la pena di morte

Il Giappone torna ad eseguire la pena di morte

All’alba di oggi, il Giappone ha eseguito tre condanne a morte, le prime dal 2010. Si riaccende così un dibattito sulla pena capitale in una delle nazioni più industrializzate al mondo.
Il ministro della Giustizia, Toshio Ogawa, ha precisato che ad oggi sono 132 le persone ancora in attesa della pena capitale – tra cui anche Shoko Asahara, l’uomo che fece un attentato con del gas nella metropolitana di Tokyo nel 1995 – e che i tre detenuti, uccisi tramite impiccagione in tre differenti prigioni stamattina, erano dei pluriomicidi.

A dare il via alla condanna a morte è stato il Partito Democratico giapponese che, per la seconda volta da quando è a capo del governo, si fa carico di una decisione del genere. La prima volta risale al 28 luglio del 2010, quando venne approvata l’impiccagione di due pluriomicidi da parte dell’allora ministro della Giustizia, Keiko Chiba, che presenziò all’esecuzione nonostante il suo personale parere contrario alla pena capitale. Consentì infatti alla stampa di accedere alle stanze adibite per le esucuzioni nel centro di detenzione di Tokyo, in modo da accendere il dibattito pubblico sul tema.

Il ministro Ogawa ha affermato che “la pena di morte ha il sostegno popolare ed è supportata anche dal sistema dei giudici popolari che dovrebbe riflettere le opinioni pubbliche“. Il Giappone, attualmente, applica la condanne capitali ai pluriomicidi che, in questo caso, erano Tomoyuki Furusawa, Yasuaki Uwabe e Yasutoshi Matsuda, uccisi a Tokyo, Hiroshima e Fukoka. Toshio Ogawa ha poi continuato affermando che ordinare le esecuzioni è un suo dovere sancito dalla legge e che la pena capitale ha l’appoggio dell’80% della popolazione.

Il Giappone resta, insieme agli USA, l’unico paese democratico ad attuare ancora la condanna a morte, giustiziando i detenuti anche senza la presenza di testimoni e senza dare alcun preavviso ai condannati o ai loro familiari.
Amnesty International ha protestato contro le esecuzioni, dichiarando che i detenuti in attesa di giudizio possono ricevere solo pochissime visite da parte dei loro familiari e sono costretti a trascorrere la maggior parte del tempo seduti nelle proprie celle.
L’associazione degli avvocati nipponici ha invece chiesto al primo ministro, Yoshihiko Noda, di aprire una discussione nazionale per discutere dell’abolizione della pena capitale.

Lascia un commento