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Il comune di Milano vieta l’accesso ai siti Gay tramite il wi-fi comunale

Il comune di Milano vieta l’accesso ai siti Gay tramite il wi-fi comunale

Imperversa la bufera su Palazzo Marino, sede civica dell’amministrazione comunale milanese. L’associazione radicale “Certi Diritti” denuncia che “il Comune di Milano censura i siti d’informazione gay”. Sotto accusa è proprio la Giunta, sempre mostratasi aperta e amica dei gay, guidata dal sindaco Giuliano Pisapia che, appena salita al potere ha subito patrocinato il Gay pride e che nei giorni scorsi ha spedito agli asili un volume sui “diversi tipi di famiglia” esistenti in Italia e nel mondo, dove ci sono due pinguini maschi che fanno da mamma e papà ai loro piccoli.

Ebbene, sembra che la Giunta non permetta il libero accesso, attraverso la connessione wireless gratuita di Palazzo Marino, ai “principali siti d’informazione omosessuale come gay.it, gay.tv e queerblog”. Non si sa chi sia stato il primo ad accorgersi che la parola “gay” era stata bandita dalla rete comunale, sta di fatto che sotto la  “scure del censore meneghino” vi è anche il sito nazionale di Arcigay, sebbene non quello della sezione di Milano. “Le motivazioni del blocco della navigazione sono le più varie e curiose spaziano dal divieto di pornografia, a quello di materiale sessuale sino a quello più diffuso e ridicolo, ma anche inquietante, cioè il divieto di abbigliamento provocatorio” ha affermato l’associazione. Il consigliere radicale Marco Cappato ha presentato un’interrogazione urgente in Consiglio comunale per “chiedere spiegazioni e l’immediata rimozione dei blocchi. Sicuramente è inaccettabile che si ricada ancora nella censura di siti d’informazione per il solo fatto di contenere la parola ‘gay’ o ‘queer’ nell’Url”.

“Non tutti i siti gay sono pornografici come non tutti i siti pornografici sono gay, questa equivalenza non fa altro che confermare l’odioso pregiudizio che riduce l’omosessualità al suo aspetto puramente sessuale negandone l’aspetto affettivo e relazionale e ledendo la dignità di tutte le persone omosessuali” replicano con decisione dall’associazione “Certi diritti”.

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