La Corte di Cassazione ha confermato in serata, dopo quattro ore di camera di consiglio, la condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti dell’ex senatore del Pdl e cofondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. E’ stata così accolta la richiesta della Procura della Cassazione, rappresentata da Antonio Galasso, e diventa quindi definitiva la condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo il 25 marzo 2013. Il procuratore generale aveva sostenuto davanti alla Corte: “I rapporti tra Cosa Nostra e Dell’Utri non si sono mai interrotti e si sono protratti senza soluzione di continuità dal 1974 fino al 1992″. Per la Procura Generale, inoltre, è “ampiamente dimostrato” che l’ex senatore, dal 1974 al 1992, sia stato il mediatore tra Berlusconi e la mafia e che i pagamenti agli esponenti mafiosi, in quegli anni, siano puntualmente arrivati.
Proprio come mediatore tra Cosa Nostra e l’ex premier, avrebbe convinto quest’ultimo ad assumere ad Arcore, in veste ufficiosa di “stalliere”, il boss mafioso Vittorio Mangano. La vicenda giudiziaria di Dell’Utri è iniziata nel 1994, quando la Procura di Palermo iniziò le indagini su di lui, che portarono ad un primo rinvio a giudizio nell’ottobre 1996. Il primo processo, aperto davanti al Tribunale di Palermo il 5 novembre 1997, si era concluso l’11 dicembre 2004 con la condanna del cofondatore di Forza Italia a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, più due anni di libertà vigilata, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento alle parti civili. Al processo d’appello, iniziato il 16 aprile 2010 e terminato il 29 giugno dello stesso anno, la Corte aveva ridotto la pena a sette anni, ritenendo provati i rapporti tra Dell’Utri e la mafia fino al 1992 e assolvendolo “perchè il fatto non sussiste” per gli anni successivi.
La sentenza di appello venne però annullata dalla prima sentenza della Cassazione del 9 marzo 2012, perchè per i giudici non era del tutto provato il ruolo di mediatore dell’ex parlamentare tra il 1978 e il 1982. Il 18 luglio 2012 è iniziato così a Palermo il secondo processo d’appello, che il 25 marzo 2013 ha visto nuovamente Dell’Utri condannato a sette anni, condanna resa definitiva oggi dalla Cassazione. L’ex senatore è detenuto a Beirut dal 12 aprile, piantonato all’ospedale Al Hayat, dove è stato ricoverato dopo il fermo. Il suo legale libanese Akram Azoury, due giorni fa, ne ha chiesto il rilascio, sostenendo che le autorità italiane avrebbero “violato il trattato bilaterale sull’estradizione” e “non avevano alcun diritto di chiederne l’arresto”.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha inoltrato tre giorni fa alle autorità del Libano la richiesta di estradizione di Dell’Utri, che sarà adesso integrata da un ordine di arresto della Procura generale di Palermo. Giuseppe Di Peri, uno degli avvocati dell’ex senatore, ha subito annunciato: “Ricorreremo alla Corte Europea di Strasburgo per verificare se questo procedimento ha camminato nei giusti binari“. L’altro legale, Massimo Krogh, riferendosi al fatto che il suo assistito si trovi oggi in Libano, ha spiegato che egli “è molto provato da venti anni di indagini a suo carico: non condivido la sua iniziativa, ma la giustifico. Può aver perso la testa e commesso una stupidaggine.”
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