Sebbene lo stato di Israele sia stato istituito soltanto nel 1948, il conflitto arabo-israeliano abbraccia un arco temporale decisamente più grande avendo dato luogo ad oltre un secolo di tensioni ed ostilità. Il conflitto ha da sempre riguardato la nascita del movimento sionista e la creazione del moderno stato di Israele in un territorio considerato dal movimento panarabo come appartenente ai palestinesi, musulmani o cristiani che fossero, e considerato dal popolo ebraico come sua patria storica.
Iniziato dunque come uno scontro politico nato da ambizioni territoriali seguite al crollo dell’impero Ottomano, il conflitto si è regionalizzato divenendo per lo più conflitto israelo-palestinese, sebbene il mondo arabo e Israele restino comunque in contrasto gli uni con gli altri in ordine allo status di tale territorio. Ma come ci insegna Gianbattista Vico, la storia è fatta di corsi e di ricorsi e, ai giorni nostri, il conflitto secolare è tutt’altro che sopito.
Spiegare cosa stia realmente accadendo a Gaza e in Israele non è affatto cosa semplice poiché le radici di questa guerra sono legate al passato e si intrecciano in un substrato di questioni religiose, economiche e storiche che risultano difficili da analizzarsi nel complesso. Un nuovo picco di violenza è stato raggiunto una settimana fa quando, dopo la rivendicazione da parte del governo di Hamas del lancio di missili vicino a Tel Aviv, le forze dell’esercito di Israele hanno rivendicato l’uccisione del leader militare di Hamas Ahmed al Jabar.
Da qui lo scoppio inaudito della violenza con i bombardamenti che hanno colpito la striscia di Gaza causando già 110 morti tra i palestinesi e più di 840 feriti, tra cui 225 bambini. I colpi non mancano da una parte e dall’altra. A Tel Aviv, questa mattina, un’esplosione in un autobus ha causato il ferimento di una ventina di persone. La notizia è stata accolta con “gioia” a Gaza, anche in seguito alla rivendicazione dell’atto da Hamas. La situazione si presenta davvero difficile da smuoversi. Israele è pronto ad attaccare e invadere il territorio della Striscia via terra, mentre Hamas sembra disposto a fermare gli attacchi solo in cambio del cessate il fuoco, nonché dello sgombero dei presidi israeliani a Gaza.
Ricordiamo che lo Statuto di Hamas, richiede la cancellazione dello stato di Israele e la sua sostituzione con un stato islamico-palesinese, nella zona che è ora Israele. La stessa carta dichiara anche che “non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihad. “ Tuttavia, nel luglio del 2009, Khaled Mesh’al, capo dell’ufficio politico stanziato a Damasco, ha confermato la volontà di Hamas a cooperare con per una “soluzione del conflitto Arabo-Israeliano che includesse uno stato Palestinese sui confini del 1967”, a condizione però che ai rifugiati palestinesi venisse riconosciuto il diritto di ritorno in Israele e che Gerusalemme Est fosse riconosciuta come capitale del nuovo stato.
Nel corso di queste ore, il Segretario di stato USA Hillary Clinton sta visitando Israele nel tentativo di mediare con il presidente israeliano Netanyahu un cessate il fuoco che sia permanente e cercando trattative di pace con Hamas. Le altre potenze mondiali, infatti, sembrano destinate a giocare un ruolo troppo importante in questa che è davvero una guerra infinita.
Israele vuole che terminino i lanci di missili da parte di Gaza e che si fermino gli armamenti di Hamas. Di contro Hamas esige che Israele termini i suoi mirati assassini, ponendo anche fine al blocco nella Striscia. La soluzione diplomatica, per il momento, appare tutt’altro che semplice di fronte a popoli dilaniati che ormai non riescono più nemmeno a ricordare le origini del sanguinoso conflitto che, ovviamente, sta distruggendo la vita di innocenti civili.