“Ad alta voce“, questo il titolo del rapporto stilato sui bisogni e le aspettative dei malati di cancro italiani, i quali secondo un’indagine realizzato dal Censis con la collaborazione della Federazione italiana delle associazioni di volontariato ecologico (Favo) e di altre associazioni. L’indagine è stata presentata lunedì a Roma con il sostegno di Roche ed ha coinvolto oltre mille pazienti e più di 700 caregiver. Per la prima volta adesso sarà possibile quantificare i costi che l’Italia deve sostenere in termini sociali per i suoi malati di cancro, che superano in maniera assai maggiore quello prettamente economico sostenuto dal nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Sono oltre 2,2 milione le persone in Italia che hanno avuto nella loro vita la diagnosi di rumore. Di queste persone circa il 57% ha superato la malattia da cinque anni e circa ottocentomila da almeno dieci anni: “questi numeri dimostrano come il cancro rappresenti oggi una vera e propria questione sociale oltre che sanitaria. Servono forme di supporto prolungate nel tempo e interventi che facilitino il reinserimento sociale e lavorativo.” Questa la dichiarazione di Giuseppe De Rita, presidente del Censis, che ha voluto anche sottolineare come per l’80% degli intervistati ci sono stati molti problemi legati alla malattia, ma i peggiori sono purtroppo fuori dall’ospedale.
Stando all’indagine moltissimi finiscono col perdere il lavoro oppure per subire una riduzione del proprio reddito, con un conseguente calo della qualità della vita. I numeri sono chiari, solo nell’ultimo anno ben 85000 persone hanno perso il lavoro (spesso senza poter beneficiare neanche di motivazioni valide, venendo costretti alle dimissioni per atteggiamenti dei propri superiori), mentre se si vuole includere nel novero tutti gli italiani che sono stati affetti da tumori (anche di entità minore) la cifra sale a ben 274000.
Eppure la voglia di reagire da parte dei pazienti è la maggiore risposta, seguita da paura al 30,6%, da incredulità al 21,4% e da ansia per il 14,4%. Il vero problema però è che tutto il peso della malattia e del periodo necessario ad affrontarla, indipendentemente dalla gravità, ricade sui familiari, c’è la mancanza di tutele legislative e di organismi che sappiano dare speranza, che quindi fanno instaurare dei meccanismi, anche prettamente psicologici che non permettono una guarigione ottimale.