Campagna choc contro i vaccini: nella nuova campagna contro i vaccini sostenuta dall’associazione veneta no-vax Corvelva lo scatto immortala un bambino ritratto di schiena.
Io sono un morto da vaccino di cui non verrai mai a conoscenza. Rinnegato e dimenticato.
Queste le poche parole che accompagnano la foto del testimonial della campagna choc lanciata dall’associazione in vista della decisione della Consulta sul ricorso al piano vaccinale del governo e ai suoi obblighi entrati in vigore pochi mesi fa.
#IONONDIMENTICO #NONFINISCEQUI. In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale Corvelva ha deciso di lanciare una campagna pubblicitaria forte, sopra le righe, speriamo capace di far aprire gli occhi. Questa è la prima immagine/denuncia. Voltarsi dall’altra parte non è più possibile.
Scrive l’associazione sul proprio profilo Facebook. a far discute però è anche il fatto che il testimonial del lancio della campagna è il piccolo Emiliano Rapposelli, un bambino veneto di appena un anno morto nel febbraio 2003 pochi giorni dopo la somministrazione della vaccinazione trivalente. Secondo Corvelva, il testimonial simbolo delle strette correlazioni fra vaccino e morte.
Il processo durato tre anni che si è concluso nel 2006 per la morte del piccolo Emiliano, ha visto il riconoscimento del risarcimento danni alla famiglia visto che il vaccino in questione era stato riconosciuto come ‘concausa’ del decesso e alla luce del fatto che la reazione al vaccino del bambino era stata anomala.
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Da qui la decisione della Corvelva di utilizzare la storia di Emiliano come simbolo contro l’obbligo delle vaccinazioni. Un tema scottante che riaccende la polemica, ma la trovata della campagna della Corvelva durerà tre settimane e si prevedono nuove provocazioni.
Intanto la campagna dell’associazione ha scatenato una bufera sui social raccogliendo oltre 3000 commenti in meno di 24 ore dalla sua pubblicazione con moltissimi interventi che accusano i sostenitori no vax di sostenere una “teoria senza fondamento scientifico” molto pericolosa. Di certo l’associazione ha ottenuto quel che voleva: visibilità delle proprie posizioni.