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Biagi, nuova indagine dopo il caso Scajola: “Omicidio per omissione”

Biagi, nuova indagine dopo il caso Scajola: “Omicidio per omissione”

La Procura di Bologna ha riaperto l’inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari dello Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle nuove Br il 19 marzo 2002, formulando l’ipotesi di omicidio per omissione. E’ un’ipotesi di reato più grave dell’omissione semplice, che si sarebbe prescritta dopo sette anni e mezzo, nel 2009, e quindi è ancora perseguibile. L’inchiesta è derivata da alcune carte sequestrate a Luciano Zocchi, ex capo della segreteria di Claudio Scajola, nell’ambito dell’inchiesta sul conto dell’ex ministro dell’Interno. Zocchi conservava quei documenti proprio per conto di Scajola, che fu costretto a dimettersi per aver detto del giuslavorista, ad appena tre mesi dalla sua uccisione: “Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza“. Era stato il pm Antonello Gustapane a chiedere la riapertura dell’indagine, ipotizzando che chi sapeva delle minacce a Biagi non fece quanto doveva e poteva per proteggerlo.

L’inchiesta è al momento contro ignoti, poichè la Procura bolognese deve prima individuare chi avesse l’obbligo giuridico di impedire l’uccisione del giuslavorista prima di procedere all’iscrizione nel registro degli indagati. La Procura di Bologna ha fatto sapere, attraverso il procuratore aggiunto e portavoce Valter Giovannini, di non aver nulla da comunicare. Fra le carte sequestrate vi sarebbe anche un appunto scritto da un politico che avvertiva l’allora ministro dell’Interno del pericolo che incombeva su Biagi proprio pochi giorni prima della sua uccisione. Il documento riporterebbe anche un “visto” dello stesso Scajola, che invece sostenne di non essere al corrente di tali rischi per il professore. Per questa nuova indagine sarebbero stati sentiti lo stesso Zocchi, la moglie dell’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, allora vicino al giuslavorista, ed un altro testimone.

Uno dei legali dell’ex ministro, l’avvocato Giorgio Perroni, ha dichiarato ad Adnkronos: “Scajola con quei documenti non c’entra niente. Si tratta di due vicende separate, non ho notizie di nessun coinvolgimento di Scajola in questa vicenda”. L’indagine è stata riaperta dal pm Antonello Gustapane, lo stesso che nel 2003 aveva chiesto l’archiviazione dall’accusa di cooperazione colposa in omicidio per vari alti funzionari coinvolti nelle decisioni riguardanti le scorte, ovverosia l’allora direttore dell’Ucigos Carlo De Stefano, il suo vice Stefano Berrettoni, il questore Romano Argenio e il prefetto Sergio Iovino. Il gip che archiviò l’inchiesta, Gabriella Castore, giunse alla conclusione che le nuove Br scelsero di colpire proprio il professor Biagi anche perchè gli fu tolta la scorta, per vari errori, che però non avevano rilevanza penale.

Prosegue intanto l’inchiesta della Procura di Reggio Calabria sul favoreggiamento della latitanza dell’ex parlamentare di Forza Italia Claudio Matacena, inchiesta per la quale è finito in carcere anche Scajola. Ieri è stata estradata dalla Francia anche Chiara Rizzo, la moglie di Matacena, che ha passato la sua prima notte nel carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, e che venerdì mattina sarà sottoposta in carcere all’interrogatorio di garanzia. Solo dopo quest’interrogatorio il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, il sostituto procuratore della Dda Francesco Curcio e, forse, anche il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho partiranno per Imperia per iniziare a vedere le migliaia di carte sequestrate nello scantinato della villa dell’ex ministro nella città ligure.

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