La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il pestaggio subito da uno dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine nell’irruzione alla scuola Diaz il 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova, stabilendo che quanto compiuto dalla polizia “deve essere qualificato come tortura“, e per non avere una legislazione adeguata a punire tale reato. Per la Corte, in particolare, è stato violato l’articolo 3 della Convenzione, secondo il quale “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. La sentenza della Corte ha origine dal ricorso presentato da Arnaldo Cestaro, militante vicentino di Rifondazione Comunista, che all’epoca aveva 62 anni ed era il più anziano dei manifestanti presenti nella scuola Diaz. L’uomo, quella notte, fu sorpreso nel sonno dai poliziotti, che lo picchiarono rompendogli un braccio, una gamba e dieci costole, e dovette essere operato, ma tuttora porta le conseguenze delle percosse ricevute.
Nel ricorso, Cestaro, rappresentato dagli avvocati Nicolò e Natalia Paoletti, Joachim Lau e Dario Rossi, spiega che le persone colpevoli di quanto da lui subìto non furono adeguatamente punite dal momento che la legislazione italiana non prevede il reato di tortura né reati altrettanto gravi. Al processo, infatti, nessun poliziotto è stato condannato per singoli episodi di violenza, dal momento anche che la maggior parte di loro aveva il viso coperto da caschi e foulard, e quasi solamente i reati di falso relativi alla redazione dei verbali di arresto non sono finiti in prescrizione. La Corte di Strasburgo gli ha dato pienamente ragione, sostenendo che l’Italia deve quindi colmare questo vuoto legislativo, e accusando inoltre: “La polizia italiana ha potuto impunemente rifiutare alle autorità competenti la necessaria collaborazione per identificare gli agenti che potevano essere implicati negli atti di tortura”.
Per i giudici, inoltre, quando sussiste il reato di tortura la legislazione dovrebbe escludere l’intervento di “prescrizione, amnistia, grazia”. Enrico Zucca, il pm che sostenne l’accusa nei processi per l’irruzione alla scuola Diaz, ha commentato: “Quando abbiamo detto che c’erano stati casi di tortura siamo stati presi per pazzi e noi avevamo solo citato i principi della corte europea di giustizia“. Daniele Vicari, regista del film “Diaz-Don’t Clean Up This Blood”, che tratta proprio di quanto avvenuto quella notte e nel quale, fra l’altro, parla lo stesso Cestaro, ha invece scritto su Twitter: “Che tristezza, deve essere una “entità esterna” come la Corte di Strasburgo a spiegarci che a #Diaz e #Bolzaneto ci fu tortura”.
Ora la Corte europea dei diritti dell’uomo si dovrà pronunciare su altri due ricorsi presentati da 31 persone per le violenze subite nella caserma di Bolzaneto, sempre durante il G8 di Genova. Gli stessi pm che condussero l’inchiesta, in questo caso, sostennero che a Bolzaneto, secondo le definizioni del diritto internazionale, vi furono gli estremi della tortura, ma in Italia tale reato non esisteva. Inizierà proprio giovedì alla Camera la votazione sulla proposta di legge che introduce nell’ordinamento giuridico italiano tale reato, con pene dai quattro ai dieci anni. Il testo, arrivato a Montecitorio lo scorso 23 marzo per la discussione generale, dovrà poi tornare al Senato.
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