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L’uso di cannabis aumenta 20 volte il rischio di cancro ai polmoni

L’uso di cannabis aumenta 20 volte il rischio di cancro ai polmoni

I consumatori di marijuana, incoraggiati da alcuni studi che ne decantano le qualità terapeutiche e ne minimizzano i rischi, si sono convinti che fumare cannabis non comporti danni meno gravi del tabacco per l’organismo. L’Osservatorio nazionale dipendenze del Dipartimento politiche antidroga (DPA) ha sfatato questa credenza divulgando i risultati dello studio pubblicato a giugno 2012 dalla British Lung Foundation dal titolo “The Impact of cannabis on our lungs”, il quale sostiene che l’uso costante di cannabis comporti un rischio di sviluppare un tumore al polmone venti volte maggiore rispetto alle sigarette.

A conti fatti, ogni spinello varrebbe quanto un intero pacchetto di sigarette da venti.

Il capo del DPA, Giovanni Serpelloni, ha dichiarato a riguardo:

“Il Dipartimento ha già da tempo evidenziato la potenzialità di danni evolutivi derivanti dall’uso precoce di questa sostanza nel momento in cui ilcervello si trova nella delicata fase di sviluppo celebrale. Studi scientifici portati avanti anche dal Dpa hanno, infatti, mostrato conseguenze tanto più gravi quanto più precoce è la prima assunzione e quanto questa è più frequente e duratura. Inoltre, la gravità dei danni risente anche della sempre maggiore concentrazione di principio attivo presente nei prodotti e l’uso contemporaneo di altre droghe sinergizzanti e di alcol”.

In relazione ai dati diffusi dallo studio circa le convinzioni dei cittadini su questo argomento, risulta di fondamentale importanza fornire ai cittadini una adeguata e corretta informazione e il Dpa si è impegnato proprio in questo senso, visto che il 32% degli intervistati ha dichiarato di non ritenere che fumare cannabis sia dannoso per la salute e che il dato sale al 40% nella fascia di età che va dai 35 ai 40 anni.

Il direttore del dipartimento di Oncologia medica dell’Istituto Tumori di Aviano, Umberto Tirelli, ha affermato di condividere le preoccupazione del DPA sui rischi correlati al tumore al polmone e la necessità da parte dello Stato e dei medici stessi a informare i fumatori di cannabis e incitarli a rinunciare al vizio del fumo.

Il professor Tirelli poi entra ancor più nello specifico invitando lo Stato a non legalizzare le droghe leggere e dichiara:

“Nel contesto di sempre più nuovi mix tra vecchie e nuove droghe sintetiche è necessario, da parte dei medici, sottolineare la pericolosità delle vecchie cosiddette droghe leggere come la cannabis e delle nuove misture delle quali si conoscono gli effetti dannosi per le morti associate, ma non si conoscono ancora i danni a medio e lungo termine. Pertanto i medici, in particolare gli oncologi responsabili, dovrebbero incitare i potenziali consumatori e quelli attuali, sulla falsa riga della campagna anti fumo della sigaretta, a desistere da questo comportamento sbagliato e deleterio e a sollecitare il legislatore a non compiere interventi dannosi per la salute pubblica come quelli della legalizzazione delle droghe cosiddette leggere, come da più parti viene richiesto e che favorirebbe certamente la diffusione di questa pratica dannosa per la popolazione”.

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