Ecco perché Parolisi deve restare in galera. E’ stata diffusa, a distanza di poco meno di due mesi, la spiegazione della Cassazione che motiva il no alla scarcerazione, datata 28 novembre, del caporalmaggiore ,unico indagato per l’omicidio della moglie Melania Rea.
Secondo quanto afferma la sentenza numero 2136, l’accusato “non ha un alibi”, inoltre , gli è stata attribuita “una pericolosità specifica sia processuale che criminale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente (con la messa in scena della siringa) e il deturpamento del cadavere”.
La sentenza, comunque, ha confermato il giudizio dello scorso 22 agosto del Tribunale del Riesame dell’Aquila: “nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile nell’ordinanza impugnata, con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, visto l’esauriente e corretto riferimento compiuto dai giudici del riesame alla personalità del soggetto indagato ed all’individuazione di una pericolosità specifica sia processuale che criminale, quale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente e il deturpamento del cadavere”. Inoltre, sempre a riguardo della precedente sentenza, afferma che il Tribunale dell’ Aquila ha: “correttamente applicato le norme e ha offerto, a sostegno delle sue valutazioni, una motivazione completa e logica che resiste a tutte le censure prospettate dalla difesa dell’indagato”.
Difatti, la Cassazione ha respinto le richieste della difesa del Parolisi, mettendo in evidenzia non solo le “esigenze cautelari”, ma anche “i profili di gravità indiziaria”. La sentenza della Cassazione, conferma praticamente, in tutti i suoi passaggi anche la completezza evidenziata dai giudici nella precedente sentenza del Riesame: “la versione fornita dall’imputato sugli spostamenti suoi e della moglie nella giornata del 18 aprile sia rimasta sostanzialmente costante nel tempo, venendo confermata anche in sedi extraprocessuali e, quel che più conta, che la stessa risulta formulata nelle sue linee essenziali già in sede di denuncia della scomparsa della Rea, in un atto cioè che, come correttamente precisato nell’ordinanza impugnata, appartiene ad un primissimo momento processuale, in cui nessun elemento indiziante a carico del Parolisi poteva rappresentarsi”.