Ama la filantropia. Acquisisce gruppi e società in difficoltà e li riporta sulla retta via. Stiamo parlando di Vincenzo Manes, boss di KME, azienda leader in Europa nell’industria della trasformazione del rame e nella produzione di semilavorati di rame e leghe.
Nel 2004 Manes, esperto di finanza, ha acquisito la quota del gruppo Orlando, storica famiglia fiorentina protagonista del processo di industrializzazione del Paese al pari degli Agnelli e dei Pirelli, che fece della Società Metallurgica Italiana (SMI), fondata a Firenze nel 1886 e quotata alla Borsa di Milano nel 1887, un colosso internazionale.
Vincenzo Manes aveva il compito di risanare i conti, provati da eccessivi investimenti, ed ha rilevato e ristrutturato l’ex impero del rame della famiglia Orlando. Nel 2006 la SMI avviò un progetto di re-branding e divenne ufficialmente KME Group, con sede centrale a Firenze e 15 stabilimenti in Italia, Germania, Francia, Spagna, Cina e Stati Uniti. Gli stabilimenti italiani si trovano a Fornaci di Barga, in provincia di Lucca, con 600 dipendenti, ed a Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria, in Piemonte, attivo su tubi e barre, con 400 dipendenti.
KME conquistò la leadership internazionale del settore e fino al 2009 ebbe una quota di mercato pari al 30% in Europa ed al 7% a livello mondiale. Al decesso improvviso di Salvatore Orlando nell’agosto 2012 a soli 55 anni, che deteneva la presidenza del gruppo metallurgico KME, Vincenzo Manes da vicepresidente diventò presidente. KME fa ora parte della holding del fondo Intek Group, di cui Vincenzo Manes è azionista, presidente e amministratore delegato. La sede sociale è stata trasferita a Milano.
Negli ultimi anni il mercato del rame è sceso del 25% per effetto della crisi del 2008, che ha letteralmente bloccato il settore dell’edilizia, in cui il rame trovava il suo principale impiego. Nel 2015, Manes aveva addirittura considerato l’idea di fare degli spazi delle fonderie e dei laminatoi a Fornaci di Barga un incubatore di imprese sociali o riconvertire i 40 ettari dello stabilimento in colture idroponiche, e trasferire la produzione di rame in Germania. Il mercato italiano in crisi pare, infatti, aver fatto perdere 200 milioni alla società negli ultimi anni a causa di una riduzione del volume d’affari e dei volumi prodotti di ben 33mila tonnellate. Ma l’avventura idroponica di coltivare piante immergendole in acqua arricchita da prodotti biologici, secondo una tecnica olandese mai sperimentata in Italia ma ben radicata in molti altri Paesi, tra cui Giappone e Regno Unito, è stata presto accantonata. Manes ha deciso di andare avanti con la produzione industriale di rame ed ottone nello stabilimento di Fornaci di Barga grazie ad una joint venture con i bresciani Eredi Gnutti, secondi solo a KME nel settore, salvaguardando la maggiore occupazione possibile, ed escludendo qualsiasi licenziamento.
Vincenzo Manes, patron di KME, sostiene che il rame, grazie alle sua versatilità ed alle sue originali possibilità applicative, abbia un futuro prospero dal punto di vista qualitativo nel passaggio dall’industria pesante a quella meno impattante. L’informatica e le tecnologie di comunicazione, ad esempio, hanno bisogno di rame.