Il governo sembra intenzionato a fare sul serio nel porre un limite agli stipendi spesso esorbitanti dei grandi manager pubblici. Il ministero dell’Economia ha infatti comunicato in una nota che, dal 1 aprile, le retribuzioni dei manager delle società non quotate controllate in maniera diretta o indiretta dallo stesso ministero, saranno immediatamente ricondotte al tetto calcolato in base allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione, pari a circa 311 mila euro. Questo limite però non varrà per le società quotate in borsa, come Enel, Eni, Finmeccanica, nè per quelle che emettono strumenti finanziari diversi da azioni, ossia in pratica Ferrovie dello Stato, Cassa Depositi e Prestiti e Poste Italiane.
Per queste ultime società, già il decreto del Fare del 2013 aveva stabilito una riduzione del 25% degli stipendi in occasione delle nomine dei nuovi vertici, mentre per Enel, Eni e Finmeccanica, al momento del rinnovo degli organi di amministrazione, è sottoposta all’approvazione degli azionisti una proposta di riduzione delle retribuzioni degli amministratori in maniera analoga a quella delle società quotate in borsa, ossia del 25%. Nel decreto del Ministero dell’Economia, le società da esso controllate direttamente o indirettamente sono classificate in fasce di complessità in base a precisi parametri riguardanti il valore della produzione, gli investimenti e il numero dei dipendenti.
Per ogni fascia è stato poi fissato un limite retributivo per i compensi degli amministratori: per i manager delle società della prima fascia, di cui fanno parte Anas, Invitalia e Rai, il tetto è il 100% dello stipendio del Primo Presidente della Cassazione, quindi circa 311 mila euro, per gli amministratori delle società di seconda fascia è l’80% di tale stipendio, circa 250 mila euro, per quelli delle società di terza fascia il 50% (circa 155 mila euro). Ancora più basso è il limite per le retribuzioni dei presidenti, che possono essere pari al massimo al 30% dei compensi degli amministratori delegati, quindi 93 mila euro per la prima fascia, 75 mila euro per la seconda, 47 mila per la terza.
Si collocano nella prima fascia le società con un valore della produzione maggiore o uguale ad un miliardo di euro, con investimenti maggiori od uguali a 500 milioni di euro ed almeno cinquemila dipendenti. Appartengono alla seconda fascia le società con un valore della produzione di almeno 100 milioni di euro, investimenti pari ad almeno un milione ed almeno cinquecento dipendenti, mentre le società con parametri inferiori rientrano nella terza fascia. I tetti ai compensi comprendono ogni componente retributiva, inclusi benefit di carattere non monetario che possono essere soggetti ad una valutazione economica.
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