Negli ultimi sei mesi si è registrato un calo sensibile al numero delle cosiddette auto blu utilizzate in Italia nell’ambito della revisione dei conti della spesa pubblica: una netta sforbiciata che ha eliminato 1884 vetture dall’inizio del 2012.
Secondo i dati diffusi dal Ministero della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, che dal 1 gennaio del corrente anno ha attivato un censimento permanente delle auto pubbliche e il monitoraggio dei costi, le vetture di rappresentanza assegnate personalmente ai vertici delle amministrazioni o comunque guidate da un autista, sono scese del 19,4%, sotto le 8 mila unità, precisamente a 7.837 automobili. Dal computo sono escluse le auto di servizio senza autista, adibite prevalentemente a funzioni di utilità sociale.
Il calo è dovuto, oltre alle 582 dismissioni, anche al fatto che molte amministrazioni pubbliche, applicando le disposizioni dei DPCM, hanno modificato le classificazioni sulle modalità di utilizzo delle automobili, in modo tale da destinare ai servizi operativi senza autista quelle auto che prima erano assegnate personalmente.
Stando ai risultati del censimento, nel parco auto delle pubbliche amministrazioni al 30 giugno 2012 si contano 60.551 vetture, comprese le 124 utilizzate dagli Organi Costituzionali.
Consultando i dati si nota una maggiore presenza di auto blu al Sud, con percentuali sul totale di auto pubbliche che vanno dal 25,3% al 33,6% in Molise, Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata, altissime se paragonate all’8,2% della Lombardia o addirittura al 2,5% registrato in Emilia Romagna, ma fortunatamente è proprio nelle regioni meridionali che si riscontrano le prime significative riduzioni di spesa.
Il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Filippo Patroni Griffi ha dichiarato di essere soddisfatto del trend positivo, ormai “stabilizzato al ribasso”, e ha aggiunto un’importante precisazione: “A breve predisporremo nuove indicazioni per l’uso sempre più limitato delle auto di servizio affinché sia chiaro a tutti che non si tratta di uno status symbol ma solo di uno strumento per lavorare meglio”.