Un “uragano di fuoco dal cielo e da terra”, è la descrizione della situazione da parte dei pochi giornalisti presenti nella città di Aleppo, che da ieri subisce la massiccia offensiva delle truppe fedeli al presidente Bashar al Assad.
Secondo i dati dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, il bilancio della giornata di ieri è stato di 168 morti, dei quali 94 erano civili, 33 ribelli e 41 soldati. Con la ripresa dei combattimenti, questa mattina sono stati registrati già 4 decessi.
Il presidente del Consiglio nazionale siriano, capo della principale forza di opposizione, Abdel Basset Sayda, ha parlato in conferenza stampa da Abu Dhabi chiedendo ai Paesi amici di inviare ai ribelli armi e rinforzi, poiché le forze messe in campo da Assad sono soverchianti.
“Noi ci aspettiamo da fratelli e amici un sostegno all’Armata siriana di Liberazione, un sostegno di qualità. Vogliamo armi che ci permettano di fermare i carri armati e gli aerei da combattimento delle truppe di Assad”, ha detto Abdel Sayda dall’esilio.
La situazione ad Aleppo è drammatica: da giorni le truppe lealiste accumulavano attorno alla città centinaia di mezzi corazzati d’attacco e trasporto truppe e ieri è scattata l’offensiva, con migliaia di soldati ed elicotteri che hanno stretto i civili di Aleppo in una morsa da cui era impossibile fuggire.
Secondo alcune testimonianze, l’attacco si è concentrato in particolare sul quartiere sud-occidentale di Salah ad Din (Saladino), dove è asserragliato il maggior numero di combattenti anti-regime.
I civili versano in condizioni disastrose, privi di acqua e cibo, costretti a nascondersi negli scantinati o addirittura nei giardini pubblici, dove qualcuno ha pensato di essere al sicuro almeno dai bombardamenti.
Simile è la situazione a Damasco, dove si sono contati 105 morti nella sola giornata di ieri.
L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che grazie ad una fitta rete di ricercatori e attivisti da anni monitora i crimini commessi dal regime, sono più di 20.000 le persone uccise in 16 mesi e mezzo, circa 14.000 delle quali sono civili.
L’unica nota positiva in questo drammatico contesto è rappresentata dalla notizia della liberazione dei due attivisti italiani scomparsi 10 giorni fa a Damasco.