Il premier Matteo Renzi ha firmato oggi, alla presenza del sottosegretario con delega alla Sicurezza Marco Minniti e del direttore del Dis ambasciatore Giampiero Massolo, la direttiva che dispone la declassificazione degli atti finora coperti da segreto di Stato, riguardanti le stragi di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, la stazione di Bologna e il rapido 904. Il premier ha spiegato: “Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo è proprio quello della trasparenza e dell’apertura. In questa direzione va la decisione di oggi che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune“.
La direttiva, secondo quanto stabilito nel Cisr, Comitato Interministeriale di venerdì scorso, consente “il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato che rappresentano un importante contributo alla memoria storica del Paese”, che saranno versati in base ad un criterio cronologico, dai più vecchi ai più recenti, senza il limite minimo dei quarant’anni previsti dalla legge, prima di poter destinare un’unità archivistica all’archivio centrale. Il sottosegretario Minniti ha commentato: “Con l’atto odierno trova concreta applicazione la legge 124/2007 in un aspetto rilevante come quello del riconoscimento degli archivi dell’intelligence come patrimonio a disposizione degli studiosi, del mondo dell’informazione e di tutti i cittadini”.
Già ieri, l’onorevole Rosa Villecco Calipari, del Pd, membro del Copasir (il comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti), aveva parlato di “un bel segnale verso i cittadini”, arrivato, aveva spiegato, “grazie a una convergenza tra Copasir, che sta lavorando in grande armonia, il premier Renzi, il sottosegretario Minniti, il direttore dei servizi segreti Massolo”. In Italia vi è un intreccio di norme, talvolta contraddittorie, che ha finora ostacolato il percorso della verità sugli episodi più scottanti della storia del Paese. Sulle stragi, non vi può essere, e difatti non c’è, un vero e proprio segreto di Stato, che è stato posto poche decine di volte nella storia repubblicana. Molti documenti, però, ancora non sono stati resi pubblici.
Questo, ha spiegato l’onorevole Calipari, “dipende dal contrasto tra due leggi”, perchè il segreto di Stato secondo una legge del 2007 può durare al massimo 30 anni, ma la legge sui Beni Culturali del 2008, che regolamenta gli archivi, stabilisce che un documento può essere reso pubblico soltanto dopo 40 anni se tratta procedimenti penali, 50 anni se ha implicazioni di politica interna od estera, e 70 anni se vi sono dati sensibili riguardo alla privacy. Molti familiari di vittime delle stragi hanno quindi accolto con cautela l’annuncio del premier. Giovanna Maggiani, presidente dell’associazione vittime di via dei Georgofili, ha commentato da Firenze: “Sulle stragi di mafia del ’93-94 non c’è segreto di Stato, ma ci sono documenti nascosti in qualche cassetto o in qualche armadio“. Per Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna e parlamentare Pd, “bisognerebbe avere la disponibilità degli archivi militari, degli archivi del ministero degli Esteri e di quello dei carabinieri”.
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