Non sembra affatto trattarsi di una delle più catastrofiche previsioni, destinata poi ad essere puntualmente smentita. Secondo nuove rivelazioni della Nasa e della Esa (Agenzia Spaziale Europea) condotte con il satellite americano ICESat (Ice, Cloud and Land Elevation Satellite) e con quello europeo CryoSat-2 il volume dei ghiacci del Mar Artico è diminuito in media del 36% in autunno e del 9% in inverno nel corso degli ultimi 10 anni. Per giungere a tali rivelazioni, gli scienziati hanno anche utilizzato dei sensori oceanici, avvalendosi anche di indagini aeree.
Lo studio, pubblicato sulla rivista ‘Geophysical Research Letters’, ha confermato le stime prodotte dai modelli computazionali che sono stati utilizzati sino ai giorni nostri. “I dati mostrano che lo spessore del ghiaccio marino è ormai invisibile in un’area a nord della Groenlandia, nell’arcipelago canadese e a nord-est delle Svalbard”, ha riferito Katharine Giles, co-autore dello studio e pubblicato sulla rivista. Tali stime hanno mostrato un decremento del volume dei ghiacci avvenuto nel corso degli ultimi 10 anni. Fra il 2003 e il 2008 il volume medio dei ghiacci in autunno è stato di 11.900 chilometri cubi, sebbene dal 2010 al 2012 è calato di 4.300 chilometri cubi. I dati mettono dunque in evidenza che il Polo Nord rischia di restare senza ghiaccio entro il 2020. La causa è ancora una volta da rivenirsi nel riscaldamento globale: negli ultimi 50 anni la temperatura in tutta la zona artica è aumentata di circa 2,4°C, ovvero 1,8°C in più rispetto alle normali latitudini medie.
Come conferma anche l’italiano Tommaso Parrinello, manager della missione CryoSat e che lavora al programma dell’Esa, ha affermato:
Grave è il fatto che questa perdita riguardi il ghiaccio antico ed è più alta del 60% rispetto alle stime in precedenza desunte con il programma Piomas; questo vuol dire che la causa sia l’aumento della temperatura e le aree più coinvolte risultano la Groenlandia, l’arcipelago canadese e il nord-est delle Svalbard. In particolare, le cifre dicono che negli ultimi 50 anni la temperatura qui è salita di 2,4 gradi centigradi, cioè 1,8 gradi in più rispetto alle latitudini medie.
Il fenomeno è definito dagli scienziati “Arctic amplification”: con ghiacci che nel corso della stagione estiva perdono circa il 13% del volume totale ed il 4% in inverno. Neppure le precipitazioni riescono a riequilibrare la situazione.