Il processo di pace fra Israele e Palestina è ormai diventato uno dei più lunghi della storia, andando avanti da più di cinquant’anni, tuttavia nonostante l’intervento di mediatori internazionali di calibro e qualità indiscusse non si è riusciti a superare l’odio religioso e nazionalistico alla base dell’acredine fra i due paesi.
Oggi ripartono i negoziati, questa volta sotto un quartetto d’eccezione, rappresentato da Stati Uniti, Russia, Unione Europea ed Onu. Il vertice inizierà nei pressi di Amman, dove il negoziatore israeliano Yitzhak Molcho ed il suo corrispettivo palestinese Saeb Erekat si incontreranno per stilare un programma di lavoro su un’agenda condivisa, onde definire i punti per un dialogo pacato ed efficace fra le due nazioni.
Anche il governo del Giordano ha voluto fortemente questa iniziativa, aiutando il quartetto internazionale coordinando le parti in causa attraverso il ministero degli esteri Nasser Juda. Al momento non sembra esserci particolare fiducia nella riuscita di questo incontro, che inizia in un clima di scetticismo e freddezza.
“La sola via per arrivare a un accordo è attraverso i colloqui. C’è un’apertura per rinnovare i negoziati.. Dobbiamo sperare che le cose funzionino, ma non dipende solo da noi” ha detto il ministro israeliano Dan Meridor dando come al solito per scontato che il vero problema viene dalla Palestina ed alla sua mancata rinuncia al terrorismo.
Dal canto loro i palestinesi non sono da meno: “non dovremmo caricare troppo questo vertice, non so se da parte israeliana ci sarà qualcosa di nuovo, o se desiderano mettere la loro posizione sul tavolo. Noi parteciperemo con tutta la buona volontà, ma ormai lo facciamo da così tanto tempo che dobbiamo davvero attendere qualcosa di meglio che un tavolo condiviso per esultare” ha detto il negoziatore Saeb Erekat.
L’ultimo incontro fra le due parti era avvenuto nel settembre 2010, dove Israele aveva rifiutato energicamente di bloccare l’espansione delle proprie colonie a Gerusalemme Est ed in Cisgiordania. Il summit avverrà alla presenza del re giordano Abdullah II.