Un uomo ha tentato di gettarsi nel vuoto dal tetto della facoltà di Lettere all’Università La Sapienza di Roma, con del liquido infiammabile, due striscioni, dei volantini ed un piccolo megafono per poter urlare la propria rabbia e disperazione: il motivo del gesto, infatti, è imputabile al licenziamento del figlio. L’uomo è il padre di Simone Felici, un lavoratore di 24 anni della National Service, società che gestisce i servizi di vigilanza dell’ateneo e che ha trasferito, alcuni mesi fa, il ragazzo “nonostante il capitolato d’appalto lo impedisca, per essersi rifiutato di svolgere un altro turno notturno massacrante“.
Così, alle 10:00 circa, l’uomo è stato convinto a scendere dal tetto dell’Università e ha raccontato agli agenti delle forze dell’ordine e al personale dell’ateneo i motivi che l’hanno spinto alla dimostrazione durata un’ora; il padre del 24enne ha ottenuto un incontro in rettorato ed è stato rassicurato in merito al futuro del figlio. Nell’ateneo vi è stata, quindi, molta tensione e sul posto sono giunti, immediatamente, i vigili del fuoco, le ambulanze e le forze dell’ordine, che hanno transennato l’area. Mentre si trovava sul tetto, l’uomo ha letto il comunicato firmato dai lavoratori della National Service, solidali a Simone Felici:
“Vittima di un atto ritorsivo, colpevole di essersi ribellato a vessazioni ed illegittimamente trasferito ad un appalto esterno, anche se il capitolato d’appalto ne fa esplicito divieto. Un monito per tutti gli altri lavoratori che volevano ribellarsi, questo ha prodotto gravi conseguenze sull’equilibrio psicofisico e Simone è stato costretto a ricorrere alle cure neuropsichiatriche. La committenza, La Sapienza, malgrado le denunce dei lavoratori circa gli abusi della National Service – turni massacranti, orario spezzato, minacce, buste paga in ritardo, cassa integrazione anche quando non c’è bisogno – ha mostrato indifferenza, continuando ad elargire denaro pubblico nei conti della National. Per questo, i lavoratori uniti nella lotta chiedono l’immediato reintegro di Simone e la risoluzione del contratto con la National Service per inadempienza“.
Si legge nel documento. Il signor Felici – dopo essere sceso dal tetto ed avere avuto l’incontro in rettorato – è stato condotto presso il commissariato di polizia interno all’ateneo per l’identificazione:
“Mi è stato promesso che mio figlio verrà reintegrato. Noi veniamo da Subiaco, mio figlio deve venire a Roma con grossi sforzi per lavorare 6 ore al giorno per 700 euro al mese e ha un contratto da operaio ma, in realtà, fa tutt’altro. In questo periodo di crisi, il lavoro non c’è e, quindi, siamo anche disposti a questi sacrifici. Ringrazio molto i colleghi di mio figlio per la solidarietà“.
Ha dichiarato Antonio Felici a La Repubblica.