Ci sono regioni fra corpo ed anima che la medicina non ha ancora del tutto compreso ed in cui deve ancora muoversi a tentoni per riuscire ad orientarsi, come nel caso dei pazienti in coma o con diagnosi di morte cerebrale. Apparentemente è sveglio, respira e risponde agli stimoli esterni, ma è davvero cosciente oppure è solo un corpo che come un automa risponde per riflesso?
Un italiano, Marcello Massimini, si è posto la stessa domanda ed insieme ad un team del Dipartimento di Scienze Cliniche Luigi Sacco dell’Università degli Studi di Milano ed in collaborazione con scienziati del Coma Science Group dell’Universitè de Liege (in Belgio) ha trovato una risposta.
La ricerca ha permesso di distinguere, in 17 pazienti affetti da gravi lesioni cerebrali, chi avesse recuperato un minimo di coscienza, anche senza avere la capacità di comunicare con il mondo esterno. “Paradossalmente, la coscienza è uno stato cerebrale che non dipende tanto dal dialogo verso l’esterno, quanto più dal dialogo interno, tra i neuroni della corteccia. Si può essere coscienti, anche se all’apparenza si direbbe il contrario. Succede, per esempio, durante la fase Rem, quando si sogna. Ecco perché abbiamo deciso di sondare la comunicazione interna” ha spiegato Massimini.
Lo studioso ha costruito il cosiddetto “coscienziometro“, cioè un macchinario in grado di verificare tramite stimolazioni magnetiche transcraniche ed un elettroencefalogramma le interazioni fra i neuroni e quindi di valutare l’interno della coscienza. Se il soggetto è incosciente si avrà un’immagine di tanti neuroni “accesi” qua e la come isole nel mare, se invece c’è coscienza si avrà l’immagine di una rete interconnessa simile ad una grande città vista dall’alto.
Una vera e propria rivoluzione in un campo in cui l’errore diagnostico viene stimato in una percentuale del 40% dei casi. Lo studio al riguardo è apparso sulla rivista “Brain” dove si è spiegato chiaramente come sia divenuta ora evidente la differenza fra i pazienti in stato vegetativo e quanti invece avevano almeno un minimo di coscienza.
Adesso però gli obiettivi cambiano radicalmente. Avendo finalmente individuato un metodo per studiare questi stati della coscienza il passo successivo, un passo decisamente importante, sarà quello di trovare il modo di capire cosa e come si altera la coscienza e quindi riuscire ad invertire intenzionalmente status vegetativi. Per ora un traguardo al limite della fantascienza, ma del resto anche quello raggiunto dal team di Massimini lo era fino a pochi anni fa’…