In Iraq era iniziata in mattinata una crisi ostaggi nei pressi di un compound governativo nella provincia occidentale di Al-Anbar, dove si erano asserragliati diversi terroristi che tenevano in ostaggio un numero non ben precisato di ostaggi: 13 i morti.
L’Iraq vive un periodo travagliato della sua storia, non il più travagliato forse, visti e considerati i suoi 5000 anni di storia, ma certamente il paese fra il Tigri e l’Eufrate non se la passa bene. Dopo l’abbandono del campo della gran parte delle forze d’occupazione americane e delle missioni internazionali l’Iraq ha iniziato il difficile processo di ricostruzione del paese, che comprende sopratutto la costruzione di infrastrutture legislative adeguate per una giovane democrazia.
Il pericolo più grande è sempre stato quello dell’estremismo islamico e sono tristemente famosi gli episodi, spesso con esiti sanguinosi, che hanno visto i terroristi rapire soldati e civili durante il processo di messa in sicurezza del paese. Le forze irachene sono state addestrate direttamente dall’esercito americano ed oggi sono intervenute tempestivamente appena l’allarme ostaggi è stato lanciato; tuttavia si sospetta che il loro intervento sia stato poco diplomatico e non è del tutto chiaro se le 13 vittime siano il risultato dell’intervento delle forze irachene o dei sequestratori.
Fra i morti sarebbe stata accertata la presenza dei sei attentatori, non chiara la ragione del sequestro; forse un maldestro tentativo di rapimento per richiedere uno scambio di prigionieri oppure un riscatto. I parenti delle vittime non sarebbero ancora stati tutti informati del decesso dei propri cari ed i telefoni delle forze di polizia sono assediati da chiamate preoccupate. In definitiva il paese continua ad essere instabile sul fronte sicurezza e negli ambienti diplomatici si vocifera che il governo stenti a chiedere nuovi aiuti agli Usa per via della sua delicata posizione come alleato degli americani circondato da stati non esattamente “amici” di Washington.