Taranto sta tornando lentamente alla normalità, dopo la rimozione durante la serata di ieri dei blocchi agli ingressi della città da parte dei lavoratori dell’Ilva, che avevano occupato le Statali e il ponte Punta Penna in segno di protesta contro il sequestro senza facoltà d’uso notificato dal gip Patrizia Todisco.
Il provvedimento riguardava sei aree dello stabilimento siderurgico ed era stato disposto nell’ambito dell’inchiesta sul presunto inquinamento ambientale, che ha portato anche a misure cautelari nei confronti di otto dirigenti, fra i quali il patron Emilio Riva e il figlio Nicola, che gli era succeduto nella carica a partire dal 2010.
Questa mattina i turni lavorativi sono ripresi regolarmente, poiché, come ha dichiarato il nuovo presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ”nessuna esecutività è stata data all’ordinanza di sequestro”.
Il procuratore capo della Repubblica Franco Sebastio ha spiegato le motivazioni per cui l’attivazione del provvedimento non è ancora iniziata:
“primo, perché è lecito ipotizzare richieste di riesame a brevissima scadenza e poi perché stiamo parlando di procedure tecniche da non facili da adottare. Non si può chiudere lo stabilimento da un giorno all’altro”.
In effetti, sono stati immediatamente presentati i ricorsi riguardanti sia il sequestro delle sei aree dello stabilimento, sia gli arresti domiciliari disposti nei confronti dell’ex quadro dirigente; l’udienza avrà luogo il 3 agosto, all’indomani dello sciopero di 24 ore indetto dai sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, con manifestazioni e assemblee pubbliche da tenersi nella città di Taranto.
Il procuratore capo Franco Sebastio ha tenuto a precisare che:
“Si è assimilata su alcuni giornali, evidentemente in buona fede la chiusura dell’officina di un meccanico, dove il maresciallo va, stacca il contatore della luce, abbassa la saracinesca e mette il cartello con la scritta ‘locale sequestrato’, con la chiusura e la disattivazione di impianti di queste dimensioni e di questa complessità”.
Al contrario, l’imponente stabilimento necessita di una serie di attività pregresse da effettuare affinché la chiusura degli impianti avvenga in totale sicurezza, quindi il dottor Sebastio conclude:
“Ci vuole uno studio degli impianti, poi occorre la messa in sicurezza, e poi la graduale disattivazione degli impianti. Perché questi sono impianti a ciclo continuo che marciano a temperature elevatissime. Se si dovesse spegnere di colpo un impianto del genere si provocherebbe un disastro”.