A quasi un anno dal terribile incidente nella centrale nucleare di Fukushima dell’11 marzo 2011, si torna a parlare dei problemi di sicurezza e della gran confusione creatasi a riguardo: subito dopo l’accaduto era già ben chiaro il fatto che le autorità giapponesi non stessero esattamente dicendo tutta la verità sulla situazione, tacendo informazioni essenziali nella speranza di arginare il panico in cui sarebbe caduta l’intera popolazione. A confermare il tutto arrivano ben due rapporti sulla gestione dell’emergenza in Giappone: il rapporto della Fondazione per la ricostruzione nipponica e il rapporto “Fukushima, un anno dopo”.
Il primo rapporto evidenzia come il governo giapponese valutò la possibilità di far evacuare Tokyo subito dopo il disastro di Fukushima, anche se in realtà né il Primo ministro (Naoto Kan) né il resto dell’esecutivo ne avevano il diritto. Il New York Times ricorda che la gestione dell’emergenza spetta all’ente di gestione dell’impianto; nonostante ciò il governo intervenne pur non conoscendo le linee guida contenute nel protocollo di emergenza e venendo consigliato male dagli esperti.
Il secondo, stilato da Greenpeace International, accusa le autorità giapponesi di aver ignorato i rischi del nucleare e di aver dati priorità agli interessi economici piuttosto che alla sicurezza dei cittadini. L’esperto di sicurezza nucleare di Greenpeace International, Jan Van de Putte, ha dichiarato, parlando del rapporto, che esso “dimostra che il nucleare è intrinsecamente insicuro e che i governi autorizzano la costruzione di centrali nucleari senza avere le capacità di fronteggiare i problemi che possono derivarne nell’interesse della sicurezza dei cittadini”. Diversi esponenti dell’associazione ecologista si sono schierati su questa linea interpretativa, tra gli altri Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia, che afferma che “non è possibile obbligare le persone a convivere col mito della sicurezza nucleare e in attesa del prossimo disastro”. La proposta di Giannì è quella di abbandonare progressivamente, prendendo come esempio la Germania, l’idea dell’utilizzo dell’energia nucleare, propendendo per scelte meno redditizie, ma più sicure come le energie rinnovabili.