Torna nell’aula magna di un istituto tecnico di Ascoli Piceno e subito impazza la polemica. Il quadro del 1939 dell’artista ascolano Aldo Castelli raffigurante il Duce Benito Mussolini a cavallo di un destriero bianco e vestito da antico romano torna nella grande aula della scuola realizzata proprio nel periodo fascista e si infiamma il dibattito sull’opportunità o meno che una simile opera possa trovare dimora in un luogo deputato alla formazione. Nello scontro, da una parte il preside Arturo Verna, convinto che una scuola possa essere il luogo migliore per venire a contatto con certi simboli in quanto la fruizione degli stessi è mediata dall’intervento esplicativo degli insegnanti, dall’altra Anpi locale, ma anche varie associazioni che fanno riferimento alla sinistra, Giovani Democratici in primis, e esponenti del consiglio comunale di Ascoli Piceno facenti capo a Pd, Udc e liste civiche che alla fine hanno avuto la meglio.
Dunque vita breve per il dipinto che resta in aula solo tre giorni. Il preside proprio per garantire l’incolumità degli studenti dinanzi agli annunci di sit-in di protesta, decide di fare un passo indietro dovuto anche al palese abbandono del Miur che sembra non essersi pronunciato né in favore né a sfavore. Il dirigente si è ritrovato così fra due fuochi: accusato di apologia del fascismo da sinistra, criticato pesantemente dalla destra estrema, per “essersi piegato – così CasaPound e Forza Nuova – alla censura stalinista”. Alla fine orfano di un supporto da parte del ministero, cede.
Ma la verità è un’altra e è che forse la vera sentenza sull’eventuale ubicazione spetterà alla Soprintendenza per i Beni Culturali e non certo a partiti politici o associazioni né tanto meno ad un preside. Ma in primo luogo, secondo quanto comunicato dai funzionari, si dovrà comprendere come un quadro di proprietà di un ente pubblico (la Provincia di Ascoli) sia finito nelle mani di un privato che attualmente è possessore della parte superiore del dipinto. L’opera infatti si compone di due tavole, quella superiore e incriminata ritrae il Duce a cavallo, mentre nella parte inferiore vi sono altre figure. Mentre la parte superiore è finita nelle mani di un privato la parte inferiore è sempre rimasta negli scantinati della Provincia. Il quadro a detta del preside è un’allegoria del periodo in particolare rappresenterebbe “la riforma Bottai” e l’equiparazione degli istituti tecnici ai licei. Dunque, per Verna, “nessuna apologia di fascismo”. Ora si dovrà capire che ne sarà dell’opera e soprattutto se vi sarà un pronunciamento ufficiale della Soprintendenza per i Beni Artistici.
Contraria all’operazione la famiglia dell’artista. “Nostro padre – spiegano i figli – non è stato mai fascista e non ha mai esaltato il regime. Non siamo stati coinvolti in questa decisione”. Intanto la polemica fa impennare il valore del dipinto.