Succhia costantemente risorse dello Stato, ma è dura da scalfire perché si autoalimenta con la complicità di molti. La corruzione in Italia vale circa 60 miliardi di euro l’anno, mentre nel 2011 sono state inflitte condanne solo per 75 milioni di euro. In appello invece sono state confermate condanne per poco più di 15 milioni. Ma dove si annida il germe del malaffare? Si pensa spesso che il colpevole principale sia il Parlamento perdendo di vista il fatto che il potere che macina soldi, la macchina degli sprechi e dei privilegi si è ormai spostata dal centro alla periferia.
Certo, siedono ancora in parlamento 80 deputati toccati da inchieste giudiziarie, 26 condannati di cui 19 con sentenza definitiva, 27 indagati, 9 imputati, 6 in prescrizione e 1 patteggiamento; un numero di non poco conto, ma è negli enti periferici che sembra ormai essersi spostato il covo della cattiva politica.
Il nostro Paese è al 69 posto tra Ghana e Macedonia, dei paesi più corrotti al mondo. Il dato preoccupante è il pessimismo degli italiani. Nel 1995,nel dopo Tangentopoli le denunce furono 3.000, nel 2009 sono scese a 1821 e nel 2010 hanno superato di poco le 1200. Corruzione, concussione, finanziamenti illeciti ai partiti, abuso d’ufficio e peculato tra i reati più frequenti. E il governo dei tecnici prova a mettere riparo a una situazione che regala all’Italia un 25% in meno di crescita. Così per venerdì è atteso il varo del decreto con le nuove norme sulla candidabilità. La normativa dovrebbe colpire coloro che sono stati condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni per una serie di delitti.
Tra i reati interessati: concussione, corruzione in atti giudiziari, usura, riciclaggio, peculato. L’ineleggibilità e la decadenza per chi è in carica scatterà anche in caso di patteggiamento. La nuova normativa abbassa di un anno la soglia dell’incandidabilità temporanea essendo già presente l’interdizione dai pubblici uffici in caso di ergastolo e condanna superiore ai tre anni.