La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Malpello già condannato in primo e secondo grado per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne ginnasta trovata morta il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, nel Bergamasco poco distante da Brembate di Sopra, dove la ragazza viveva.
Inammissibile, secondo la Cassazione, il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti condannato in terzo grado anche al pagamento delle spese legali. Inammissibile anche il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia contro l’assoluzione dal reato di calunnia per Massimo Bossetti.
Gi avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, avevano annunciato il ricorso alla condanna di primo e di secondo grado in 600 pagine attraverso 23 motivi di ricorso per cercare di dimostrare l’estraneità di Bossetti al delitto.
In particolare veniva contestata la ‘prova regina’ vale a dire il dna del muratore che è stato ritrovato sul corpo della vittima: gli avvocati avevano contestato le best pratices previste dalla comunità scientifica in base alle quali il test era da ripetere.
Yara era scomparsa all’uscita della palestra e il suo cadavere era stato trovato il 26 febbraio 2011: sul suo corpo furono trovate tracce biologiche attribuite a un Dna maschile indicato come “Ignoto 1”. Un Dna simile fu trovato diversi mesi dopo su una marca da bollo di un uomo morto nel 1999, Giuseppe Guerinoni e da qui l’idea che “Ignoto 1” potesse essere un suo figlio illegittimo. Le indagini sono continuate fino a quando i carabinieri sono risaliti a Massimo Bossetti, arrestato nel giugno 2014. A pesare sulla condanna di Bossetti non solo la prova regine del Dna, ma anche le riprese di una telecamera che mostrano il suo furgone passare davanti alla palestra di Brembate solo pochi minuti prima della scomparsa di Yara.
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