Strage ad Ankara, in Turchia, dove sabato mattina verso le 10 due kamikaze si sono fatti esplodere davanti alla stazione ferroviaria, in mezzo a centinaia di persone radunate per la manifestazione organizzata dal partito curdo Hdp assieme a diversi gruppi dell’opposizione ed organizzazioni di sinistra per chiedere di porre fine al conflitto con i separatisti del Pkk, nel Sud-Est del Paese. Secondo l’unità di crisi della presidenza del consiglio turca, le vittime sarebbero almeno 95 e i feriti quasi 250, mentre l’Hdp parla di 97 morti. Dopo le esplosioni, il corteo è stato annullato e gli organizzatori hanno chiesto ai manifestanti e a quanti si stavano recando nella capitale da altre città di tornare indietro, temendo nuovi attacchi. Inoltre, dopo l’attentato, alcune persone hanno attaccato un’auto della polizia, che ha sparato più volte in aria, adoperando anche i gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, e l’Hdp ha quindi denunciato su Twitter: “La polizia ha attaccato le persone che cercavano di portare via i feriti“.
Il presidente Recep Tayvip Erdogan, rientrando subito ad Ankara da Istanbul, ha dichiarato: “Condanniamo con forza questo attacco che prende di mira l’unità del paese“. Il premier turco Ahmet Davutoglu ha affermato invece: “La strage più grave nella storia della Repubblica. Nessuno ha rivendicato le esplosioni, ma Isis, Pkk e Dhkp-c (estrema sinistra) sono potenziali sospetti“. Davutoglu ha inoltre annunciato tre giorni di lutto nazionale e ha fatto sapere che oggi incontrerà i leader dei partiti di opposizione socialdemocratico Chp e nazionalista Mhp, ma non del filo-curdo Hdp. Proprio il leader di quest’ultimo partito, Selahattin Demartis, ha accusato invece: “Stiamo assistendo ad un enorme massacro. E’ la continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc“, riferendosi all’attentato ad un suo comizio nella “capitale” curda del Sud-Est, in cui morirono due persone pochi giorni prima del voto del 7 giugno, e a quello avvenuto il 20 luglio, quando un kamikaze dell‘Isis si fece esplodere uccidendo 33 attivisti filocurdi in partenza per Kobane.
L’Hdp ritiene inoltre che l’esecutivo sia incapace di garantire la sicurezza dei manifestanti contro settori deviati dello stato che potrebbero aver eseguito l’attentato. In seguito all’attacco di Suruc, il governo turco aveva intrapreso un’offensiva antiterroristica contro l’Isis ma anche contro il Pkk, bombardando con i caccia le basi dei guerriglieri curdi nel Sud-Est della Turchia e in Iraq, e questo aveva contrattaccato con attentati e aggressioni contro le forze di sicurezza turche. Proprio il Pkk curdo ha ora chiesto ai suoi militanti di non attaccare più le autorità turche, a meno che loro o il popolo curdo non vengano attaccati.
I ministri della Salute e dell’Interno, giunti sul luogo dell’attentato, sono stati duramente contestati, anche con lanci di bottiglie, mentre in serata ad Istanbul almeno diecimila persone hanno sfilato in corteo, strettamente sorvegliate dalla polizia in tenuta antisommossa. Il Paese rischia quindi di ritrovarsi nel caos a sole tre settimane dalle elezioni politiche del 1 novembre, dove secondo i sondaggi, l’Akp rischia di non avere la maggioranza assoluta, come a giugno, quando fu frenato dall’exploit dell‘Hdp, che aveva ottenuto per la prima volta il 10% dei consensi ed era entrato in Parlamento. L’attentato in Turchia ha suscitato la condanna dell’intera comunità internazionale, e per l’Italia il premier Matteo Renzi ha espresso il suo sgomento e dolore “per l’efferato attentato terroristico contro la democrazia e la pace che è costato la vita a tanti manifestanti ad Ankara”.