Non manca un sol giorno in cui Anders Behring Breivik non riesca a stupire il mondo con le sue dichiarazioni fatte al processo in corso per l’uccisione di 77 persone lo scorso 22 luglio in Norvegia, in quella che fu un’autentica strage che mise in ginocchio il Paese. Nel quinto giorno di udienza, il 33enne estremista di destra si è definito dinanzi alla Corte: “un ragazzo simpatico, in tempi normali“. Un’affermazione che, siamo certi, non molti condivideranno, sebbene notevoli siano gli attestati di stima quotidiana che il terrorista riceve attraverso le lettere di migliaia di fan sparsi in tutto il mondo.
Ad ogni modo, Breivik ha oggi spiegato come abbia dovuto imparare a soffocare le proprie emozioni, a praticare la meditazione e tagliare i ponti con la società. Il tutto per prepararsi al meglio alla realizzazione dei suoi attacchi e combattere l’islamizzazione dell’Europa. Il terrorista ha anche dichiarato di essere convinto che sarebbe morto quel 22 luglio, in un’azione suicida portata a compimento dopo che le “vie pacifiche” perpetrate per promuovere la sua causa nazionalista erano fallite di fronte alla censura dei media e al trionfo del multiculturalismo.
Per riuscire a compiere il suo folle piano Breivik ha raccontato di aver disumanizzato le sue vittime, allontanandosi per diversi anni e allenandosi mentalmente. “Bisogna disumanizzare il nemico (…) Se non l’avessi fatto, non ci sarei riuscito. Io sono antirazzista ma disgustato dal razzismo antieuropeo dei media” ha aggiunto il “simpatico” terrorista.