Stiamo morendo di tasse”. Le parole del presidente di Confindustria pronunciate nel corso di un’intervista rilasciata a Il Messaggero sono come pietre nell’Italia della grande crisi e nell’autunno più caldo degli ultimo decennio. Rivolte agli imprenditori, in realtà coinvolgono tutta la popolazione e si propagano immediatamente, in rete, nei bar in questo fine settembre così duro. Un colloquio a tutto campo il cui il numero uno di Confindustria prova a dare dei suggerimenti alla politica. Partendo dal Federalismo che secondo Squinzi va rivisto: “Il federalismo presuppone la responsabilità di chi governa nei confronti degli elettori, se esso si fonda sulla distribuzione a pioggia di contributi statali spalmati sulle Regioni lo spreco è quasi automatico”. E questo a prescindere dall’etica di chi le amministra. Ciò passa attraverso la modifica “immediata” del Titolo V della nostra Costituzione.
Ma la speranza c’è perché l’Italia non è solo malaffare. “Nel mondo degli affari c’è molto rispetto per le imprese italiane. Perché siamo competitivi, stiamo acquisendo nuove quote di mercato. C’è uno iato tra la narrazione del Paese e la percezione della sua economia reale all’estero”. Ci sono imprenditori buoni e cattivi così come ci sono politici validi e non ma Squinzi evidenzia come “Di trenta miliardi di incentivi ne arrivano solo tre alle imprese private. E intanto stiamo morendo di tasse. L’incidenza della pressione fiscale sulle imprese è del 57% se si sottrae il Pil sommerso. Di fronte a queste cifre, io dico: toglieteci qualunque incentivo ma tagliate anche le tasse. Siamo un Paese che sacrifica la ricerca sull’altare dell’Irap, è un controsenso».
Sull’eventualità di un Monti Bis risponde: “Al di là dei nomi, e il suo è un nome spendibile, io faccio un altro ragionamento. Noi abbiamo bisogno di avere una guida politica sicura, che conquisti la maggioranza dei voti e che abbia una stabilità interna, un programma e una capacità di operare nella prossima legislatura. Poi aggiunge: “Non credo che un presidente non candidato possa gestire la prossima legislatura” quello di cui si ha bisogno però “è un programma serio” ma tutto passa dal cambiamento irrinunciabile della legge elettorale. Due i segnali ottimisti che il presidente dell’Associazione degli industriali lancia: la ripresa entro la fine del prossimo anno e la crescente consapevolezza che “non ci si può più perdere in giochetti”. Parla della riforma del lavoro come occasione persa ma continua a cercare un accordo con il sindacato, per dare vita a una “trattativa per la produttività” da attuarsi attraverso più ore di lavoro e meno ferie. Possibilità che riporterebbe in campo la Fiat? Squinzi risponde “Da presidente di Confindustria non voglio mettere il naso negli affari di chi è uscito dal nostro sistema. Ma da cittadino ritengo che non ci sia un grande Paese al mondo senza un’impresa automobilistica nazionale” L’Ilva invece “merita tutto il mio appoggio. Pensare a una chiusura è devastante”.