L’assassinio di Marta Russo, 14 anni fa, fu uno dei più discussi nella storia dei mass media. Per la giustizia, a sparare alla giovane studentessa, fu Giovanni Scattone. All’epoca era un assistente universitario di Filosofia del Diritto. Per la Corte di Cassazione l’omicidio fu colposo. La condanna, in via definitiva, fu a 5 anni e 4 mesi di carcere. Oggi Scattone è tornato a condurre una vita normale. Talmente normale, che insegna storia e filosofia in un liceo scientifico di Roma. A scuola studenti, genitori e docenti sono infuriati. Ma la preside, Tecla Sannino, spiega che si è solo limitata a prendere atto di quanto sanciscono le norme e dunque non può impedire all’omicida di Marta Russo di insegnare.
La madre di Marta Russo, Aureliana, è perplessa, ma rassegnata. Sa bene che il dirigente scolastico non ha alcuna responsabilità: “Con chi me la potrei prendere? Con l’ultima sentenza Scattone non è più interdetto dai pubblici uffici. Capisco che si debba guadagnare il pane ma dovrebbe fare un altro mestiere – dice la mamma di Marta Russo. – Dopo un delitto così atroce, lui non può essere un educatore di giovani; proprio lui non può insegnare filosofia. In tutte le scuole dove è andato ad insegnare i genitori si sono ribellati, ma non hanno potuto far niente. E’ la legge”. Le stranissime leggi italiane, dove anche chi ha commesso delitti atroci può insegnare a scuola o avere altri incarichi pubblici.