E’ attesa per oggi, ma potrebbe arrivare domani o addirittura giovedì, la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, nel quale Silvio Berlusconi era stato condannato in appello a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale. I legali del Cavaliere Niccolò Ghedini e Franco Coppi, se volessero ottenere uno slittamento della sentenza, dovrebbero chiederlo all’apertura dell’udienza, e i giudici, sentito il parere del sostituto procuratore Antonio Mura, si riunirebbero poi in camera di consiglio per decidere sulla questione. Anche in caso di rinvio, però, dato che la prescrizione maturerebbe i primi di agosto, difficilmente il processo tornerebbe dinanzi alla Terza sezione penale, competente per i reati fiscali, così come sperato da Coppi, che pensa di avere più possibilità di successo davanti a magistrati specializzati in materie tributarie.
In caso di slittamento, il processo si andrebbe a svolgere entro il 15 settembre, sempre davanti allo stesso collegio della sezione feriale, e ciò potrebbe spingere gli avvocati dell’ex premier a non tentare una richiesta di rinvio. Vari sono gli scenari che si possono attendere dalla sentenza della Suprema Corte: o la conferma della sentenza d’appello, con la condanna a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici, o l‘annullamento secco (che corrisponde ad un’assoluzione completa) o parziale (in tal caso i giudici, rinvenendo un vizio procedurale o formale nel verdetto d’appello, potrebbero ordinare di ripetere il secondo grado di giudizio davanti ad un altro collegio).
Intanto, il premier Letta, da Atene, dove si trova in viaggio istituzionale, ha ribadito di non temere ricadute sul suo governo: “Non ho paura, l’Italia è più stabile di quanto ci si aspetti. Sono assolutamente tranquillo nel lavoro che sto facendo, non penso che ci saranno terremoti“. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, in un’intervista a “Repubblica”, ha definito un’eventuale condanna di Berlusconi “un fatto gravissimo, un’ipotesi che neanche prendo in considerazione”, e, quanto alle possibili ripercussioni sull’esecutivo, ha spiegato: “Essendo un governo politico la decisione spetterebbe ai partiti, al Pdl così come al Pd“.
Dal Pd, il capogruppo al Senato Zanda ha ribadito: “La giustizia non può condizionare l’agire della politica, e viceversa“, e ha aggiunto: “Le ragioni che hanno portato alla nascita di un governo di necessità non sono venute meno. Anzi”. Una condanna dell’ex premier, quindi, non porterebbe automaticamente alla fine dell’esecutivo, ma, ha spiegato il capogruppo democratico, se il Pdl avrà “reazioni eversive” l’alleanza “verrà meno“. Fra i democratici, già nella Direzione di venerdì, si sarebbe formato un asse contro le larghe intese, che andrebbe da Renzi al dalemiano Cuperlo, dalla Bindi al “giovane turco” Orfini. Letta, del resto, teme proprio eventuali reazioni scomposte da parte del Pdl, e che il Pd stavolta non lo segua. Il premier ha già fatto sapere, quindi, che non resterà a Palazzo Chigi ad ogni costo: “Ci sono limiti oltre i quali non andrò“ avrebbe affermato.