In cambio di mazzette manomettevano o occultavano fascicoli processuali. Sono, pertanto, ben 26 le ordinanze di custodia cautelare – tre in carcere, 22 ai domiciliari e una misura di interdizione – eseguite per un giro di illegalità che riguarda gli ambienti giudiziari del Tribunale di Napoli. Nella vicenda sono coinvolti quattro avvocati, alcuni cancellieri e un ispettore di polizia. Sembra che, però, il numero totale degli indagati sia pari a 45.
A vario titolo nelle ordinanze di custodia cautelare, le accuse sono di associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari, violazione del segreto istruttorio, occultamento di fascicoli processuali ed accesso abusivo ai sistemi informatici. I reati sarebbero stati commessi per lo più presso la Corte d’Appello e il Tribunale di Sorveglianza.
Secondo quanto emerso dalle indagini le illegalità avevano luogo secondo uno schema ricorrente. I funzionari o commessi degli uffici giudiziari, sollecitati dagli avvocati, avrebbero compiuto atti illeciti su alcuni fascicoli processuali, in cambio di soldi o regalie, andando a condizionare il normale iter giudiziario. Spariti anche alcuni documenti relativi a persone detenute per reati di camorra e che sparendo, per l’appunto, hanno permesso che molti reati finissero in prescrizione.
Le intercettazioni hanno messo in evidenza l’esistenza di una vera e propria organizzazione, definita come «rete corruttiva». La misura di interdizione riguarda un consulente tecnico iscritto all’albo della procura e del tribunale. Costui avrebbe redatto perizie psichiatriche d’ufficio a favore di un indagato nei confronti del quale erano in corso diversi procedimenti penali, su incarico di un avvocato e dietro pagamento di mazzette.
Un ispettore di polizia del commissariato Vicaria-Mercato è finito agli arresti domiciliari e – in base a i risultati delle indagini – avrebbe avuto il compito di sostituire le relazioni negative redatte dal commissariato, su richiesta del tribunale di sorveglianza, con delle relazioni false e positive, per far ottenere ai condannati provvedimenti favorevoli nonostante l’esistenza di motivi ostativi.