E’ iniziato giovedì davanti alla decima sezione del tribunale di Roma, presieduta da Rosanna Ianniello, il processo per “Mafia capitale”, che vede alla sbarra 46 imputati, tra cui anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, per il quale la procura ha chiesto il rinvio a giudizio con le accuse di corruzione e finanziamento illecito. Alemanno avrebbe infatti veicolato fondi comunali alle cooperative di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati in cambio di 125 mila euro per la campagna elettorale, a lui pervenuti principalmente tramite la sua fondazione Nuova Italia. Il gup Nicola Di Grazia deciderà l’11 dicembre se accogliere le richieste dei pm. L’ex sindaco ha spiegato, ribadendo quanto sostenuto nei giorni scorsi, quando aveva ricevuto l’avviso di garanzia: “Nella richiesta di rinvio a giudizio bisogna cogliere la notizia più importante e cioè che ogni accusa e ogni aggravante connessa all’associazione mafiosa nei miei confronti è completamente caduta”.
Intanto Bruno Giosuè Naso, legale del presunto capo di Mafia Capitale, l’ex Nar Massimo Carminati, collegato in videoconferenza dal carcere, ha annunciato: “Lo farò parlare, stavolta è intenzionato a difendersi in modo diverso dal solito perchè vuole chiarire un sacco di cose e credetemi: lo farà sicuramente. Di tutta questa storia a Carminati ha dato particolarmente fastidio che il suo nome sia stato accostato alle parole mafia e droga. Con la mafia non c’entra proprio nulla e la droga gli fa veramente schifo“. In aula, invece, l’avvocato ha parlato di “un processetto dopato e montato“ in cui “non c’è necessità di tenere gli imputati in videoconferenza”. A Naso ha replicato il pm Giuseppe Cascini, che rappresenta l’accusa insieme ai pm Paolo Ielo e Luca Tescaroli e al procuratore aggiunto Michele Prestipino, dicendo: “Tutti i processi sono importanti, definire questo un processetto è irrispettoso per chi è imputato o detenuto. La distanza di Buzzi e Carminati dagli altri si spiega con il ruolo di capi che gli viene attribuito“.
Sia Naso che Alessandro Diddi, avvocato dell’ex ras delle cooperative Salvatore Buzzi, collegato dal carcere di Tolmezzo (Udine), hanno chiesto che venisse annullato il divieto di essere presenti in aula per i loro imputati, ma il Tribunale ha respinto la richiesta. Diddi ha inoltre chiesto il patteggiamento per Buzzi, sostenendo: “A Roma la mafia non esiste, non ce ne è neanche una traccia. C’è stato un cattivo costume che spero venga debellato”. Della stessa opinione un altro imputato, l’ex capo di gabinetto di Walter Veltroni Luca Odevaine, da martedì ai domiciliari e ieri presente in aula, che ha dichiarato ai giornalisti: “Ho fatto degli errori e faccio autocritica, però a Roma non c’è un sistema mafioso che gestisce la città”.
Presenti in aula come imputati anche l’imprenditore Daniele Pulcini, che si è detto “estraneo ai fatti”, l’ex amministratore delegato di Ama Giovanni Fiscon, l’ex consigliere comunale Giordano Tredicine, del centrodestra, e l’ex consigliere regionale Pierpaolo Pedetti, del Pd; assente, invece, l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, il democratico Mirko Coratti, mentre l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Luca Gramazio era collegato in videoconferenza da Rebibbia. Al termine dell’udienza ci sono state le costituzioni di parte civile, tra cui quella della Regione Lazio, del Movimento 5 Stelle, per il quale erano presenti la deputata Roberta Lombardi e l’ex capogruppo in Campodiglio Marcello De Vito, di molte associazioni antimafia e movimenti dei cittadini e del Codacons, che ha chiesto di inserire nel processo il Comune non come parte civile, ma come responsabile civile, per i tanti funzionari capitolini (101) collusi o legati al sistema mafioso degli appalti.