La cannabis light è in commercio in Italia dallo scorso maggio, con delle evidenti limitazioni, ma lo stop all’emendamento sulla cannabis da parte del Senato potrebbe danneggiare seriamente un giro d’affari che in Italia è stimato in oltre 40 milioni di euro.
Basti pensare come i terreni coltivati a canapa in Italia nel giro di appena cinque anni siano aumentati di ben dieci volte, da 400 ettari del 2013 si è arrivati ai 4000 ettari del 2018. Sono numerosissime le aziende italiane che hanno investito in questi anni nel settore della canapa, arrivando anche ad un impatto occupazionale di grande rilievo. La cannabis light viene utilizzata principalmente per uso alimentare, con la realizzazione di pasta, pane, ricotta, birra, tofu, biscotti, taralli e così via, ma non solo. Infatti molte aziende hanno sfruttato questa sostanza per la realizzazione di cosmetici e semilavorati quali la fibra. Tra l’altro non mancano carburanti per uso industriale. Per la Cassazione la canapa non deve essere utilizzata per la vendita di olio, resina ed inflorescenze derivanti.
Lo stop all’ementamento sulla cannabis light da parte del Senato
In queste ore c’è stato lo stop all’emendamento sulla cannabis light che per ora non ha sancito la chiusura dei vari negozi che si affidano a prodotti realizzati dalla canapa. Tuttavia si mette non poco a rischio questo business diventato molto importante per moltissime industrie italiane. Questo stop infatti non permetterà di regolamentare la cannabis in forma essiccata, fresca, trinciata o pellettizzata ai fini industriali, commerciali ed energetici come invece previsto dall’emendamento dei 5 stelle. Inoltre si prevedeva anche una tassazione di 0,5 euro per grammo sul prodotto finito.
Rischi di numerose perdite in denaro ed occupazionale
Il problema principale è che questo mercato rischia di ritrovarsi con qualche perdita importante proprio nel periodo migliore, quando insomma ormai questo business aveva preso piede in Italia con l’apertura di nuovi negozi dedicati alla cannabis light e soprattutto con un’occupazione sempre crescente. Basti solo pensare ai 4000 ettari stimati legati a questo tipo di coltivazione, con terreni alla cannabis light che hanno coinvolto praticamente tutt’Italia. Una produzione che va dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma senza escludere il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, la Sardegna e la Sicilia. Come visto non bisogna pensare solo al fumo, ma è un tipo di sostanza utile in diversi settori dell’industria. Staremo a vedere cosa comporterà questo stop del Senato.