Il caso di una donna stuprata da due poliziotti e successivamente accusata di aver violato la legge sulla pubblica decenza, sta fortemente condizionando il dibattito sui diritti delle donne in Tunisia, dove l’attuale leadership islamica moderata sta lavorando alla stesura della nuova Costituzione. Quella precedente era particolarmente attenta alla figura femminile, tanto da far guardare alla Tunisia come al Paese più moderno fra quelli del Medio Oriente in tema di giustizia, ma oggi si teme che il nuovo governo islamico intenda riportare i tunisini indietro di decenni: proprio il mese scorso infatti è stata respinta la raccomandazione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite di abolire le discriminazioni contro le donne in campi come l’ereditarietà e la custodia dei figli.
E’ quindi perfettamente comprensibile il valore che viene attribuito alla situazione della giovane donna che si è cercato di far passare da vittima ad accusata.
La sera del 3 settembre, la ventisettenne tunisina e il suo fidanzato sono stati fermati in auto per un controllo da tre poliziotti: secondo le testimonianze della coppia, uno degli agenti ha costretto il ragazzo a seguirlo presso un bancomat per prelevare del denaro, mentre gli altri due abusavano sessualmente della donna.
I poliziotti si sono difesi dall’accusa di stupro ed estorsione sostenendo di aver trovato i due giovani in atteggiamenti immorali.
Ora la coppia dovrà sostenere un processo per comportamento “intenzionalmente indecente”, punibile col carcere fino a sei mesi, mentre i tre poliziotti sono stati arrestati e, a detta del primo ministro Hamadi Jebali, verranno giudicati severamente.
L’avvocato della donna, Emna Zahrouni, al termine dell’udienza preliminare durata oltre due ore, ha dichiarato di essere ottimista riguardo la possibilità che le accuse contro la giovane vengano fatte cadere.
“Sarebbe irragionevole – ha affermato l’avvocato – mantenere tali accuse. Sono fiduciosa nell’imparzialità della legge”.
Intanto sono centinaia i tunisini indignati che si sono accalcati fuori dall’aula di tribunale per manifestare il proprio sostegno alla donna accusata di impudicizia, convinti che questa situazione possa costituire un pericoloso precedente che convinca al silenzio altre vittime di stupro.