L’azione del governo Monti procede spedita e sebbene si profilino all’orizzonte passaggi parlamentari turbolenti sembra che le forze politiche che lo sostengono siano comunque intenzionate fino in fondo a dargli la possibilità di mantenere le promesse fatte all’Unione Europea, ma senza togliersi la possibilità di dire la propria su alcuni dettagli. Particolare che da l’occasione unica di convergere su numerosi temi a formazioni politiche apparentemente opposte in tutto come il Pdl ed il Pd.
Uno dei provvedimenti più richiesti dagli italiani e che con maggiore difficoltà l’Aula parlamentare ha discusso (e mai approvato in definitiva) riguarda la ridefinizione delle indennità parlamentari, troppo alte rispetto allo standard europeo. Fin da tempi non sospetti della legislatura di Berlusconi si vociferava a fasi alterne di un intervento per adeguarle a quelle dei colleghi del resto d’Europa, ma ogni volta un emendamento piazzato al momento ed al punto giusto finiva col far saltare il tutto.
Adesso che è in carica il governo Monti si vuole fare tutto e subito, per cui viene ventilata da più parti, dal governo e fra i parlamentari che maggiormente sostengono questa riforma, la possibilità di impiegare un decreto legge; affinché il governo approvi velocemente e la misura ed il parlamento la confermi poi entro 60 giorni come da normativa senza possibilità di cavillare ed emendare ad uso e consumo dei suoi membri.
Su questa ipotesi si è espresso ieri il Presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale in visita a Cagliari ha spiegato: “escludo che nel Parlamento ci possa essere un’azione dilatoria o di contrasto nei confronti di quello che inopportunamente il Governo ha inserito nel decreto: la riforma delle indennità e del trattamento economico degli stipendi dei parlamentari, adeguandoli alla media di quello degli altri paesi europei.”
Insomma uno stop dal leader di Fli, il quale svolgendo il suo ruolo istituzionale correttamente ha frenato l’utilizzo del decreto, che secondo quanto sancito dalla costituzione può essere preso in considerazione solo con criteri di “necessità ed urgenza“, che, per quanto la riforma sia stata spesso rimandata, non sussistono in questa situazione.