La storia è controversa e sebbene potrebbe essere facile schierarsi dalla parte dell’uno o dell’altro è in realtà molto difficile capire fin dove siano esagerate le richieste del figlio oppure fin dove siano legittime le misure prese dal padre per educare questo figlio forse un po’ recalcitrante a crescere.
Il padre è un facoltoso farmacista di 82 anni, che ha deciso di non staccare più l’assegno di mantenimento al figlio che ha ormai compiuto 38 anni. Quest’ultimo non ci sta, la crisi economica gli impedirebbe di trovare un modo per mantenersi e dei gravi problemi psicologici sarebbero la ciliegina sulla torta per un’incapacità di sostenersi a cui dovrebbe provvedere l’anziano genitore.
Ecco dunque che questo “bamboccione” ha citato in giudizio il padre per violazione degli obblighi di assistenza familiare; in quanto il padre non gli verserebbe l’assegno di mantenimento di 225 euro mensili a partire dal maggio dell’anno 2010.
L’avvocato del 38enne sostiene che il suo assistito avrebbe avuto i gravi problemi psicologici che l’assillano a causa di una traumatica separazione fra i genitori, senza contare che la scarsità di titoli e curriculum (avrebbe solo la licenza di terza media e saltuari lavori di poco conto) gli impedirebbero concretamente di provvedere a se stesso. Il 38enne vive a Roma nella casa della madre di 75 anni e ad oggi le sue uniche entrate derivano da piccoli compensi percepiti suonando in locali qualche sera a settimana.
Sempre secondo il legale del 38enne il Tribunale di Roma aveva disposto nel gennaio del 2010 che il mantenimento proseguisse, per cui l’anziano genitore avrebbe violato una sentenza già emessa. Rimessa in causa la sentenza della Corte di Cassazione che stabiliva che sia legittimo il mantenimento di figli maggiorenni se questi non siano in grado di lavorare o di trovare lavoro. Insomma, l’avvocato del presunto bamboccio tenterà di dimostrare che questi lo sia per questioni indipendenti dalla sua volontà e quindi meritevole di essere mantenuto.