Domani, sabato 31 marzo, è la giornata mondiale dedicata all’Earth Hour, “l’ora della Terra”, evento organizzato ogni anno dal WWF (World Wildlife Fund). L’idea è quella di pensare, per almeno un’ora, al benessere del pianeta Terra spegnendo tutte le luci non essenziali, in modo tale da risparmiare elettricità e sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema delicato come quello del cambiamento climatico e dei suoi effetti negativi sul pianeta.
La chiave del successo di questa iniziativa è sempre stata lo spirito di speranza con cui è nata, un’iniziativa per celebrare il mondo e non per protestare contro di esso.
La prima celebrazione dell’Earth Hour risale al 2007 quando, a Sydney, 2 milioni di abitanti decisero di “alzare la voce” e fare qualcosa di più per il mondo, prendendo parte ad uno dei più grandi atti di volontariato mai stati fatti fino ad allora. Sydney fu, quindi, la prima città a dare l’esempio a tutte le altre città del mondo – quattrocento quelle che parteciparono all’Earth Hour l’anno successivo – che ne seguirono i passi, trasformando così una “piccola” iniziativa in un evento globale. Solo l’anno scorso sono state 15 mila le città che hanno deciso di prendere parte all’evento.
Shaikh Zayed Bin Sultan Al Nahyan, fondatore e primo presidente dell’UAE, ha dichiarato: “Le generazioni future vivranno in un mondo che sarà totalmente diverso da quello a cui siamo abituati. È essenziale preparare noi stessi ed i nostri bambini a quel mondo nuovo“.
Il 70% delle emissione di CO2 al mondo proviene infatti dalle città. Spegnere le luci, anche soltanto per un’ora, è un forte atto di protesta che spinge la gente a riflettere su quanto possiamo realmente dare alla Terra, in modo che il nostro pianeta possa tornare a respirare di nuovo.