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Muore il giovane tibetano che protestava contro il presidente cinese

Muore il giovane tibetano che protestava contro il presidente cinese

Janphel Yeshi, il giovane tibetano che era ricoverato in gravi condizioni per ustioni sul 90% circa del corpo, è deceduto oggi in un ospedale di Nuova Delhi. Lunedì scorso, il giovane di 27 anni si era dato fuoco per protesta contro la visita del presidente cinese, Hu Jintao, a Nuova Delhi per il vertice dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).

Yeshi, fuggito dal Tibet nel 2006 senza la famiglia, lavorava come volontario in un centro d’assistenza ai rifugiati tibetani a Nuova Delhi e, secondo l’agenzia Pti, è il primo tibetano morto in India a seguito di questa forma di protesta contro la censura ed il controllo imposti da Pechino che conta, ormai, la morte di almeno trenta monaci in Tibet.
L’ultimo caso è quello di un giovane monaco di 20 anni, Lobsang Tsultrim, deceduto anche lui dopo essersi dato fuoco lo scorso 16 marzo, davanti al monastero di Kirti, per protesta contro il regime che sorveglia, ormai, anche la pratica del culto e decide dell’apertura e chiusura dei monasteri.

Il Dalai Lama sottolinea, comunque, che queste forme di protesta non vanno incoraggiate, ma ha elogiato il coraggio di quanti compiono un gesto del genere, nato per colpa del “genocidio culturale” a cui è sottoposto il Tibet da parte della Cina.
La polizia cinese, intanto, continua ad arrestare quanti manifestano contro Pechino.

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