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Monti verso la fiducia: troppi gli 850 emendamenti

Monti verso la fiducia: troppi gli 850 emendamenti

La manovra che dovrebbe salvare l’Italia sembra generare una mole di perplessità insuperabile. Una mole che si sostanzia in 850 emendamenti provenienti tanto dalle forze di maggioranza, quanto dalle forze di opposizione, insomma: la politica che vuole, nonostante il proprio fallimento, dire la sua in questa manovra.

Mario Monti sta facendo un lavoro frenetico per accordarsi con le parti sociali ed evitare una rivolta a base di scioperi e manifestazioni che renderebbero i provvedimenti inutili, ma il gran numero di emendamenti non è d’aiuto e risulta improbabile che queste modifiche possano essere discusse compatibilmente ai tempi di approvazione richiesti dall’Unione Europea.

Solo la Lega Nord ne avrebbe presentati quasi 600, mentre gli altri sono arrivati principalmente dall’Idv ed in misura minore anche dai partiti di maggioranza. Un’azione ostruzionistica che però avrà esattamente l’effetto opposto: cioè spingere il governo a chiedere la fiducia e quindi ad ottenere il consenso anche più velocemente del previsto.

Del parere che sarà proprio questa la mossa del governo sono sempre più parlamentari, fra i quali Massimo Corsaro, vice capogruppo del Pdl, il quale conversando con i cronisti ha spiegato: “io credo che si arriverà certamente alla fiducia. Da qui a Lunedì sarà presentato l’emendamento dei relatori e la fiducia sarà posta su un testo validato da tutta la commissione. Non c’è alternativa se vogliamo rispettare la tabella di marcia imposta dal governo, che altro non fa che seguire le aspettative di chi l’ha fatto insediare.”

La tabella di marcia di cui parla Corsaro prevede infatti che l’inizio della discussione della manovra cominci martedì 13 dicembre e si concluda non oltre sabato 17 dicembre. Un ritmo troppo serrato, per il quale un ulteriore accorpamento degli emendamenti non potrebbe essere sufficiente.

Gianfranco Fini, il Presidente della Camera, ha assicurato che nel decreto non verrà aggiunta la tanto discussa parte riguardante l’adeguamento degli indennizzi dei parlamentari, sebbene abbia anche specificato che l’intervento è solo rimandato per dare tempo ad Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, di comparare gli stipendi dei parlamentari italiani con quelli dei colleghi europei (e dare quindi la base su cui lavorare richiesta dal parlamento).

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