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Il Giappone si ferma, un anno fa il disastro di Fukushima

Il Giappone si ferma, un anno fa il disastro di Fukushima

Il Giappone si ferma oggi, 11 marzo 2012, per ricordare la tragedia che esattamente un anno fa sconvolse il Paese. L’11 marzo 2011 una terribile scossa sismica di magnitudo 9 investì il nord del Giappone, causando un maremoto dalle gigantesche proporzioni che provocò la morte di 15.800 morti nelle prefetture Iwate, Miyagi e Fukushima, mandando letteralmente in tilt la centrale nucleare Daiichi. Si innescò così uno dei disastri nucleari più gravi che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Il sistema di raffreddamento dei reattori si ruppe a causa del black out. Il disastro è stato classificato come livello 7, lo stesso di Chernobyl, tanto per intenderci.

Il ritorno alla normalità dopo un anno sembra davvero lontano. I lavori di decontaminazione nell’area di Fukushima dureranno infatti fino al 2014, così come il rientro nella zona della popolazione avverrà entro 5 anni, ma solo nelle prospettive più rosee.  Il Pese si è fermato alle 14.46 locali (le 6.46 in Italia) in un minuto di silenzio e di emozione che ha coinvolto inevitabilmente tutti. Cerimonie di commemorazione si sono tenute in tutto il Paese e soprattutto nel Tohoku, l’area a Nordest del Giappone devastata dalla forza di quello tsunami che ha superato i 40 metri di altezza.  Il bilancio parla chiaro. Il numero esatto dei morti, secondo il bilancio aggiornato a ieri, è di 15.854, quello dei dispersi è di 3.155 e quello dei feriti di 26.992. Le case distrutte ammontano a 129.107 unità, quella danneggiate a quota 254.139.

La giornata è stata anche, prevedibilmente, segnata da manifestazioni contro il nucleare. A Tokyo, presso l’Hibiya Park, si sono riunite diverse migliaia di persone, che hanno dato vita ad una catena umana anti nucleare  in modo da circondare i palazzi governativi. I manifestanti hanno poi marciato verso il quartier generale delle Tepco, il gestore dell’impianto nucleare di Fukushima. Non solo in Giappone, ma anche nel resto del mondo, la tragedia ha cambiato il modo di guardare al nucleare di diversi Paesi. Svizzera e Germania hanno da allora deciso un progressivo abbandono delle centrali, mentre in Italia un nuovo referendum ha ribadito il no degli elettori alle centrali nucleari.

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