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Allison Tate e l’importanza dei momenti con i propri figli

Allison Tate e l’importanza dei momenti con i propri figli

Una fotografia è in grado di catturare un momento e renderlo eterno. Che sia una nascita, una festa di compleanno, un matrimonio, o un giorno qualunque, spesso una foto immortala un determinato istante delle nostre vite e lo rende immutabile per sempre. Le persone crescono, invecchiano ma un’immagine perpetua il momento, consacra un legame. E quale legame è più importante di quello che esiste tra una madre e i propri figli? Quante volte le mamme si sentono brutte, grasse e non vogliono scattarsi una foto con noi figli nel timore di non essere all’altezza dei loro bei pargoletti? Troppe. Nella lettera che segue Allison Tate, giornalista freelance, madre di 4 figli, ha scritto una commovente lettera pubblicata sul The Huffington Post nella quale invita tutte le mamme a non perdere l’occasione di consacrare in una foto l’amore verso i propri figli, che amano le loro madri al di là della cellulite o dei chili di troppo.

Lo scorso fine settimana, la mia famiglia ha viaggiato per partecipare alla festa di 16 anni del mio nipote più grande. Mio fratello e mia cognata avevano in programma la festa già da molti mesi, destinata ad essere una grande sorpresa, includendo addirittura una cabina-foto per gli ospiti. Mi sono presentata alla festa un po’ tardi, avendo perso molto tempo per vestirmi. Sono ancora in sovrappeso per la gravidanza e porto un reggiseno per l’allattamento. Non posso ancora indossare i miei vestiti più carini. Mi sentivo goffa, stanca e disfatta. Ero appoggiata con la mia schiena dolorante contro il bar, la mia bambina di 5 mesi dormiva in un vettore sul mio petto, quando la mia bambina di 5 anni corse verso di me.

“Vieni a scattare una foto con me, mamma,” gridò più forte dell’assordante musica. Ho esitato. Evito prove fotografiche della mia esistenza in questi giorni. Per essere onesti, evito anche gli specchi. Quando mi vedi in foto, mi arrabbio. So che sono ben lungi dall’essere sola; ho tanti amici ma evito la fotocamera. Sembra logico. Ormai sono una madre e non sono più giovane come un tempo. Non sempre noi mamme abbiamo il tempo di asciugare i capelli, di applicare il make-up, di fare il bagno. I bambini sono tanto più carini  di noi, meglio scattar foto solo a loro, pensiamo.

Ma dobbiamo fare uno sforzo e farla anche noi quella foto. I nostri figli hanno bisogno di vedere come erano giovani, belle e umane le loro mamme. Le nostre figlie hanno bisogno di vederci vulnerabili: donne, mamme, persone che vivono la vita. Evitare la fotocamera, perché non ci piace vedere la nostra immagine? Come si può essere d’accordo?

Sono tante le caratteristiche di una madre che andrebbero documentate, e che invece sono invisibili. La gente, compresi i miei figli, non vede il mio modo di assicurarsi che i loro animali di pezza preferiti siano sul letto quando vanno a dormire. Non sanno che cerco tra gli scaffali dei negozi di alimentari qualcosa che possano mangiare per rendere speciale un pranzo normale. Non sanno che ho salvato le loro magliette e i loro braccialetti di neonati, riponendoli in  alto sugli scaffali superiori del loro armadi. Non vedono che mi giro e rigiro nel letto chiedendomi se sto facendo un buon lavoro come madre. Se li sto crescendo bene, se possiamo fare una vacanza o come organizzare le loro feste di compleanno. Ho passato la vigilia di Natale a confezionare regali e biscotti. Non vedono nulla di tutto ciò.

Un giorno, voglio che mi vedano, seduta proprio lì accanto a loro: io, la donna che ha dato loro la luce, che essi possono ringraziare per le loro belle gambe e per i loro bei capelli, me, la donna che li ha allattati per i primi mesi della loro vita, sopportando un seno delle dimensioni degne di quello delle stelle del porno, che piangevo quando li ho lasciati per le prime volte alla scuola materna, che ho respirato l’odore dei loro capelli dopo avergli fatto il bagnetto, quando leggo storie della buona notte, o quando ho violato la legge per eccesso di velocità perché ho dovuto correre per loro al pronto soccorso pediatrico nel bel mezzo della notte per infezioni dell’orecchio, groppa o rotavirus.

Sono ovunque nelle loro giovani vite, eppure sono poche le foto di me con loro. Un giorno io non sarò qui – e non so se questo accadrà domani o fra trenta o quaranta o cinquanta anni da adesso – ma voglio delle foto mie. Voglio che vedano il modo in cui li guardavo, che vedano quanto li amavo. Io non sono perfetta da guardare e non so amare perfettamente, ma sono perfettamente la loro madre.

Quando guardo le foto di mia madre, io non guardo la cellulite o capelli. Vedo i suoi occhi gentili, la sua bocca aperta, il sorriso gioioso, i suoi vestiti familiari. La madre che ricordo. Il corpo di mia madre è la nave che trasporta tutti i ricordi della mia infanzia. Ho sempre apprezzato il fatto che il suo stomaco fosse morbido, la sua pelle lentigginosa, le dita lunghe. Non mi importava che lei non avesse l’aspetto di una modella. Lei era la mia mamma.

Così, quando tutto è detto e fatto, se non posso farlo per me stessa, voglio farlo per i miei figli. Voglio essere nella foto, per dare loro memoria visiva di me. Voglio che vedano quanto che sono qui, come se il mio corpo fosse avvolto intorno a loro in un abbraccio d’amore.

Ho così salvato la piccola pagina stampata con quattro quadrati di foto su di essa e le parole “I dolci 16 anni di Morgan”, scarabocchiato nella parte superiore con la data. Ci sono io, i capelli pettinati, ma non del tutto, il make-up minimale, la faccia più piena di quanto vorrei – una mano che tiene la testa di un bambino che dorme, e l’altro braccio  avvolto intorno al mio piccolo dolce bambino. Queste ultime cose sono tutte più importanti di quello che è il mio aspetto.

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